Gigi Datome, intervista esclusiva: “Ora parlo con Pozzecco”

Datome, la sua è stata una stagione tormentata: gli infortuni, poi un virus. Lo scudetto e il premio di MVP dello spareggio quanto la ripaga per quello che ha passato?
«Alcuni problemi sono purtroppo fuori dal nostro controllo. Il virus è stata la cosa peggiore, perché anche quando sono tornato ero molto debilitato a livello muscolare. Mi ha dato davvero fastidio. Però sapevo che con il tempo avrei ripreso la condizione, e speravo di farmi trovare pronto quando Messina avrebbe ritenuto opportuno utilizzarmi. Ero concentrato su questo, senza ascoltare alcuna voce esterna. Ero convinto di avere tanto da dare alla squadra e sono felice di averla aiutata a vincere il secondo scudetto di fila».

È stata un’annata difficile anche per tutta l’Armani: lei è stato tentato qualche volta di dire “qui crolla tutto”?
«È la domanda giusta, perché la possibilità c’era. Ma vedendo la squadra allenarsi, mi rendevo conto che c’era una grandissimo impegno quotidiano e tanta serietà. Io ho vissuto la realtà di tanti gruppi, e so che queste cose alla fine ti portano dei dividendi. Abbiamo vissuto tanti mesi bui, soprattutto in Eurolega, dove eravamo lontani dal livello che volevamo mostrare. Eppure non c’è stato mai un giorno in cui qualcuno ha scosso la testa in palestra. Ripeto, il lavoro ci ha portato a giocarci lo scudetto, che per altro poteva finire a noi come a Bologna. Quando siamo stati tutti bene abbiamo fatto vedere la migliore pallacanestro».

Queste ultime sono state notti particolari per lei. Ansia?
«No, è stato solo un sonno poco regolare: mi svegliavo, pensavo alla partita, sognavo la gara. Avrei voluto giocare subito perché l’attesa era davvero snervante. Io se fosse possibile mi piacerebbe disputare quattro partite in quattro giorni: è l’attesa tra un impegno e l’altro che è snervante! Poi in campo diventiamo tutti calmi e sappiamo cosa fare».

A fine gara 7 Teodosic si è avvicinato e l’ha abbracciata. Che segnale è per il basket?
«È stata una serie fisica, con colpi anche al limite del proibito. Alla fine ci si complimenta a vicenda: la bellezza di questo scudetto sta anche nel valore dell’avversario».

Anni fa Milano era una sorta di buco nero per i giocatori italiani. Con l’arrivo di Messina è cambiato tutto: cosa ha di speciale Ettore, allenatore estremamente esigente?
«È difficile, ma io venivo da cinque anni con Obradovic, che non sono stati propriamente una passeggiata… Quando lavori con queste leggende del basket, ti fanno sudare. Però a fine stagione festeggi dei titoli: ogni cosa acquista un senso, e capisci. Ettore ha un grande senso di dedizione e di responsabilità. E la cura dei dettagli: lui ogni partita la tratta come se fosse una gara 7 per lo scudetto».

Lei non solo ha segnato 16 punti, ha persino annullato Belinelli, pericolo pubblico numero 1. Come ha fatto?
«Abbiamo provato per tutta la serie a difendere su Marco, e lui ha sempre fatto dei canestri pazzeschi. Due giorni fa ha fatto dei tiri magari persino più facili rispetto al passato, e non gli sono entrati».

“Il gigante del campetto” è un fumetto in cui lei, protagonista, insegna ai bambini i valori della vita, soprattutto avere fiducia nei propri compagni. Valori che ha ritrovato anche all’Armani?
«Se ho potuto fare una gara come quella di venerdì è perché ho ricevuto tanta fiducia dai miei compagni: mi hanno cercato, mi hanno trovato, hanno creduto in me. Senza fiducia reciproca non si va lontano».

Vuole dire qualche cosa a quello scansafatiche di Melli, che subdolamente ha commesso subito due falli per riposare in panchina e poi fare il fenomeno nel secondo tempo?
«Ma no, poveraccio! (risponde ridendo Datome cogliendo l’ironia, ndr). Ci ha trascinato sempre, ha giocato tutte le partite tra Italia ed Eurolega, facendo un fantastico lavoro fisico, di presenza, di energia. Quindi un enorme pezzo di questo scudetto porta il suo nome».

Purtroppo dobbiamo chiederglielo: il suo futuro sarà ancora a Milano?
«Adesso penso solo a festeggiare e andare in vacanza con la famiglia. Poi con calma, serenamente, prenderemo la decisione migliore per tutti».

E la Nazionale, di cui lei è capitano?
«Ecco, questo sì è il momento di parlare con il ct Pozzecco. Perché di cuore io in azzurro voglio sempre esserci. Però voglio anche capire con il Poz se sarà giusto e utile per la squadra».


Fonte: http://www.corrieredellosport.it/rss/basket

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