Bortolani com’è stato l’ambientamento a Verona? Non è scontato arrivare a stagione iniziata.
«Infatti all’inizio non è stato facile. Però oltre ai compagni, i coach e lo staff sono tutti ragazzi tranquilli che mi hanno voluto e mi hanno fatto sentire subito uno di loro, aiutandomi».
La breve esperienza in Spagna.
«Era partita bene. Ma non riuscivamo a vincere e al Manresa c’era un’atmosfera un po’ negativa. Parlando con l’agente si è deciso di andare».
Per quel poco che ha vissuto, differenze con la Spagna?
«Si usano per difesa e attacco idee di gioco differenti. Al Manresa correvamo tantissimo, con pochi giochi, tanta transizione. In genere ci sono più opzioni, il gioco è più selettivo, con ruoli più definiti».
Verona è un’anomalia, con tanti italiani e giovani.
«Coach Ramagli dà fiducia, prepara benissimo le gare, ti è vicino. Bello perché io come altri stiamo facendo buone cose. Nella nostra squadra c’è fiducia, c’è spazio, non giocano solo gli americani. Lo stesso Rosselli che per età e acciacchi gioca poco, dà un sacco di consigli preziosi».
L’esperienza in Nazionale? Eravate tre veronesi convocati: Cappelletti e Casarin con lei.
«Bella, lo staff ci ha detto di cercare di divertirci. Con Pozzecco avevo già parlato in passato, un gran personaggio, capace di scherzare, ti fa restare sereno. Ti è vicino».
Verona ha staccato Reggio Emilia, ma è penultima appaiata a Napoli, Brescia, Scafati e a due punti da Treviso. Come si salva?
«Prima di tutto dobbiamo crederci, credere nel gruppo, arrivare pronti alle partite che contano».
Il contratto con Milano è in scadenza? Al futuro pensa?
«Avevo tre anni più un’opzione per due con uscita la prossima estate, credo soprattutto per loro. Non so ancora nulla, penso a migliorarmi».
Riferimenti per la carriera?
«Nessuno, io devo fare il mio, quello che mi fare stare sereno. Sarà soltanto la mia storia».
Si avverte la responsabilità di giocare in una squadra che ha puntato su giovani italiani?
«Dovrebbe essere normale, siamo in Italia in fondo. Non lo è, ma nemmeno in Spagna, dove ci sono solo due americani in Acb ci sono tanti spagnoli. Non avverto una responsabilità speciale: se puoi stare in campo, non conta il passaporto».
In cosa si sente migliorato?
«Un po’ fisicamente. E sto provando a concentrarmi in difesa. Anche domenica nella mia testa pensavo a non creare danni in difesa. Basta non farsi battere individualmente, seguire le regole».
Papà ex giocatore le dà ancora consigli?
«Sì, dal punto di vista umano, nella vita e nello sport bisogna avere la testa giusta, per diventare un giocatore vero».
Che per lei significa?
«Diventare uno che sarà ricordato, alla fine, dopo una lunga carriera» .
Bortolani fuori dal campo.
«Un ragazzo semplice, esco con la ragazza e gli amici, cerco situazioni tranquille. La discoteca non mi fa impazzire, non mi piace stare in casa a fare niente. Ascolto musica, rap, hiphop italiano soprattutto: Marracash e i Club Dogo i preferiti. D’estate c’è il campetto. Non amo i social, uno sta un’ora davanti al cellullare, ma la vita non è lì. Io posso non guardarlo per una settimana intera. Sono un po’ strano».
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