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Quella del volley, o della pallavolo che dir si voglia, è una grande famiglia. E come in ogni grande famiglia ci sono tante piccole e grandi storie da raccontare.
Eventi sportivi che si intrecciano con temi alti e bassi, di cronaca, di vita sociale, di politica e di medicina, come nei fatti che vi andiamo a raccontare. Storie di donne e uomini, di campioni e di buoni atleti, ma pure scarsi e mediocri. Di squadre e di singoli. Si, perché, il bello e l’unicità del volley, del vostro sport, che poi è pure il mio, è la necessità di condividere sempre qualcosa. Spazi, esperienze e persone. Per lavorare assieme nell’allenamento, nella partita e nella singola azione. E per lavorare assieme, come squadra, è necessario essere una cosa unica, quasi una famiglia. Una coppia nel beach volley, un sestetto o forse meglio dire almeno una dozzina, nel volley indoor.
Paolo Rossetto aveva 58 anni e non si può dire che non fosse capace di fare squadra. Nella vita, nello sport e nel mondo del lavoro. La squadra della famiglia era probabilmente la sua squadra più forte. Un legame con la moglie Antonia, che portava in corpo e non solo nel cuore. Antonia le aveva donato nel 2016 un rene. E non si tratta di un modo di dire. Paolo era un trapiantato. La sua condizione non ne aveva fermato però la passione per la vita e per lo sport. Anche per la pallavolo. Sì perché all’età di 55 anni, Paolo Rossetto, che non troverete mai negli elenchi dei giocatori della Lega Pallavolo di Serie A, era comunque diventato campione del mondo, con la Nazionale italiana di pallavolo trapiantati e dializzati. Paolo è scomparso l’altra notte all’ospedale di Padova.
Paolo, che di professione faceva l’imprenditore edile, che nella vita era marito e padre, se la cavava anche sottorete. Viene ricordato così su Facebook dagli amici della “sua” Nazionale.
Le righe sono corredate da alcune fotografie. In una, Paolo è al servizio. Carica il braccio destro pronto a colpire, quello sinistro è proteso in avanti a indicare la via, la schiena inclinata quasi a fare un vecchio “bilanciere” come quando i palloni erano bianchi (e diventavano subito grigi) e si batteva solo dalla zona uno. In quel gesto tecnicamente imperfetto per i puristi, c’è però tutta la forza e l’impegno di quell’uomo. Nelle altre immagini ecco il suo sorriso, la sua capacità di fare squadra, con la moglie, come con la maglia, azzurra. Lui è il numero 11.
Paolo Rossetto di Cervese Santa Croce, in provincia di Padova, di partite ne aveva vinte tante, in diversi campi. Sul lavoro, Angela Mancini di Villa Moschini Rossi, lo ricorda come
Andrea Geron, assessore allo Sport di Cervese, ricorda il messaggio contagioso di Rossetto e come grazie a Paolo nel paese di recente è stata ospitata tutta la Nazionale trapiantati in vista dei prossimi Mondiali in Australia. scrive.
Paolo era e resterà un simbolo di chi si impegna. Leggiamo ancora dalla Nazionale trapiantati e dializzati, fondata da Aned Onlus nel 1997
Aned Onlus riporta pure il messaggio potente che Franca Pellini, fondatrice e presidente di Aned dal 1972 al 2007 scrisse nel foglio informativo di 50 anni fa: . La situazione oggi è fortunatamente migliorata rispetto al 1972, ma il campionato è ancora in corso. La storia di Paolo serva a ricordarcelo.
Paolo Rossetto e la sua storia di pallavolo e di vita ci ha aiutato a puntare l’obbiettivo su una questione importante come il problema delle persone dializzate e trapiantate. Ci piace pensare, nell’unirci anche noi della redazione di Volley News al dolore delle persone che lo hanno conosciuto e apprezzato, di familiari, amici, colleghi di lavoro, compagni di squadra e avversari, che quell’ultima battuta flot, di Paolo, numero 11 della Nazionale, abbia realizzato uno splendido ace nel campo dei nostri e vostri cuori. Oggi è il 2 giugno, Festa della Repubblica e questa è sicuramente la storia di un grande italiano. Che la terra ti sia lieve, Paolo.
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