Neanche il miglior storyteller contemporaneo avrebbe potuto scrivere una trama per le semifinali di Superlega così avvincente, cosi intensa e cosi emozionante come quella andata in scena quest’anno.
Due semifinali diverse fra loro, ma che hanno riportato il grande pubblico nei palazzetti e estasiato quello a casa. Se Trento-Civitanova è una serie che sembrava chiusa dopo due sole gare prima che Civitanova ritrovasse comunione d’intenti, la sfida fra Perugia e Modena è un’altalena di adrenalina e fisicità che non trova un vero padrone.
Nel giorno in cui ci si aspettava la voglia di rivincita di Leal, è Leon () ad indossare i panni del supereroe e a tornare ad essere quel giocatore determinante che ultimamente sembrava perso dietro prove opache. Insieme a lui, è tutta Perugia a spingere e a trovare quella rigorosità a muro che è uno dei punti di forza della squadra di Grbic. Ricci () e Solè ( ) sono la punta dell’iceberg di una squadra che, con 20 muri punto, toglie tanta sicurezza agli attaccanti avversari. In una squadra che regala poco o niente, piace l’apporto di Anderson () magari poco appariscente, ma sempre fondamentale anche in seconda linea. Chi rimane ai margini del match è Rychlichi () che, dopo una super gara 3, chiude la gara modenese nell’anonimato, mentre torna metronomo, preciso e lucido Giannelli (), devastante a muro e bravo a capire i ”momenti” dei suoi attaccanti. Bene, infine, Colaci () che dopo una pausa in gara 3 torna a gestire con autorità e competenza la seconda linea perugina.
Modena ancora una volta è affossata dai suoi innumerevoli errori, e nonostante questo sfiora la vittoria e la conseguente qualificazione. Leal (), come detto, non riesce a trasferire sul taraflex la voglia di rivincita dopo le due giornate di squalifica, e sembra abbandonare la squadra quando esce per fastidi al ginocchio. Ngapeth (), con 9 murate subite, non riesce ad essere la spina nel fianco di Perugia e alla fine è il solo Nimir () a tenere a galla i canarini con Van Garderen () e capitan Stankovic (). Il muro continua ad essere il tallone d’Achille di questa squadra che gioca praticamente senza un centrale perché Sanguinetti () prima e il bocciato Mazzone dopo () non riescono mai ad impensierire gli avversari. In questa giornata di alti e -bassi, anche Bruno () finisce per ricadere in quegli errori che hanno caratterizzato gran parte della sua stagione. Bene invece la coppia di liberi Gollini-Rossini () che soprattutto in battuta limitano la potenza umbra.
Arrivata ad un passo dal paradiso, Trento sembra a corto di energie fisiche e mentali e deve chinarsi ancora una volta di fronte ad una Lube che ritrova l’asse Simon-De Cecco nel momento clou e un apporto sostanzioso dalla panchina. De Cecco () torna a distribuire caramelle ai suoi attaccanti, fra i quali è Lucarelli () a mettersi di più in mostra. Faticano invece Yant () e soprattutto Zaytzev () meno incisivo e più falloso del solito, sostituito nel corso del match. Chi lascia a bocca aperta la BLM Arena è Simon () che si esalta in attacco e sfruttando un gioco di Trento più leggibile del solito torna a dominare anche a muro. Segnali di ripresa anche da Anzani () e, come detto prima, buono l’apporto di Gabi Garcia () e Kovar () quando entrano in campo. Ottimo come sempre l’apporto di Balaso ().
Per Trento non basta un Kaziyski () monumentale; nonostante una discreta ricezione, Sbertoli () per una volta non riesce a smarcare i suoi tre schiacciatori e alla lunga finisce per giocare solo primo tempo e palla avanti, rendendo gioco facile al muro marchigiano. Lavia () trova chiusa da posto 2 la parallela e sparisce presto dalla partita, Michieletto () pur tenendo in ricezione non riesce a sfondare da posto 4 e a garantire al proprio palleggiatore continuità di rendimento. Al centro della rete, Lisinac () non sfigura ma perde il confronto con Simon e anche Podrascanin (), pur trovando qualche guizzo a muro, non riesce ad essere una valida alternativa in attacco. Male anche Pinali () che, chiamato in causa, non riesce a convincere Lorenzetti di meritarsi un posto nel sestetto. E infine Zenger () che, molto cercato dai battitori marchigiani, ha il merito di non crollare.
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