Alexander Zverev ha parlato ad Indian Wells dopo la chiusura dell’indagine e sanzione (sospesa con la condizionale) per i gravi fatti che l’hanno visto protagonista ad Acapulco. Le sue parole sono dure con se stesso, non cerca scuse prendendosi la responsabilità per quella scenata inaccettabile.
“Mi vergogno di quello che ho fatto. Ho una strana sensazione quando cammino nello spogliatoio tra i miei compagni, ma so che tutti commettiamo errori. Da essere umano quale sono, posso garantirvi che non agirò mai più in quel modo, nella mia vita. È stato sicuramente il momento peggiore di tutta la mia carriera, per quello che ho fatto e per come l’ho fatto, a volte chiedere scusa non basta”
Continua l’autocritica di Sasha: “Spero che la gente mi perdoni, ci sono tante pressioni esterne a cui siamo sottoposti che magari non si vedono dall’esterno, vi assicuro che questo momento che sto attraversando è estremamente complicato. Ma me lo merito, merito di vivere un momento come questo dopo quello che ho fatto. Farò tutto ciò che è in mio potere affinché non accada più, per mantenere la promessa che ho fatto con me stesso e con tutti gli altri”.
“Nelle ultime settimane ho lavorato sulla meditazione. Penso che ci siano situazioni stressanti nella vita in cui cose del genere possono succedere a chiunque. Non sono il primo a cui succede questo, né sarò l’ultimo . So chi sono come persona e questo non mostra affatto chi sono”.
Quindi Zverev prova a dare una spiegazione di quel che l’ha portato ad agire così, pur sottolineando di non cercare scuse: “Il giorno prima ho giocato fino alle 05:00 del mattino, lo stesso giorno sono tornato in campo per giocare la partita di doppio. Io sono una persona che dà tutto in campo, penso che molti giocatori di singolare, nella mia posizione, sarebbero scesi in campo nel doppio senza dare il 100%, non gli avrebbe importato molto di perdere la partita, sarebbe stata anche una buona notizia . Ero fisicamente e mentalmente stanco, finché purtroppo ho perso il controllo. A volte accadono cose del genere, sono situazioni molto frustranti, anche se quello che ho fatto non ha scuse”.
Accetta la sensazione (fin troppo benevola…) e si spinge oltre: “Non potrei mai colpire qualcuno per fargli male. Se faccio di nuovo una cosa del genere, l’ATP ha tutto il diritto di punirmi. Ci sono stati altri episodi simili in passato in cui la decisione presa è stata simile a questa. Ho detto cose che non avrei dovuto dire, i gesti erano terribili, ma alla fine l’ATP ha usato lo stesso metro applicato in altri casi simili. Se qualcosa di simile mi accade di nuovo, significherà che non ho imparato nulla da quanto sopra. Credo che tutti nella vita meritino una seconda possibilità, ma se commetti errori ripetutamente, significa che non hai imparato”.
Parole ferme, di dura autocritica, che non cancellano il fattaccio ma almeno dimostrano la presa di coscienza di quel che è accaduto. Ora a sta lui cambiare rotta, mostrarsi più sereno e meno aggressivo.
Marco Mazzoni
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