Tarpani (coach Passaro): “La convinzione di Francesco ha fatto la differenza”

Francesco Passaro è certamente uno dei volti nuovi e più interessanti dei molti NextGen azzurri cresciuti in modo esponenziale quest’anno. Il 21enne perugino ha inizio il 2022 al n.602 nel ranking ATP, perdendo al primo turno delle qualificazioni del Challenger di Forlì. Da lì è stato protagonista di una crescita importante. Finale al primo ITF di Monastir a cui ha preso parte, e vittoria nel quarto evento tunisino a fine febbraio. Quindi l’inizio della vera scalata nei Challenger. Il tutto è partito da Sanremo: superate le qualificazioni si è issato in finale, battuto solo dall’emergente danese Rune (dopo aver sconfitto Mager a casa sua). Da maggio la vera esplosione, con la finale al Challenger di Forlì, sconfitto in tre set da Musetti dopo aver superato Munar in “semi”; finale anche a Milano (battuto da Coria), semifinale a Todi e finalmente il primo titolo a Trieste, battendo nel match decisivo il cinese ZhiZhen Zhang. Dopo l’esperienza nelle qualificazioni a US Open, è tornato sull’amata terra Como, dove ha sfiorato il titolo, superato finale dal tedesco Stebe. Ottimi risultati che l’hanno issato all’attuale best ranking di n.122.

Grandi gambe, diritto interessante (soprattutto quando può spingere l’incrociato dopo aver spostato il rivale), Passaro ha un gioco solido, cerca di imporre un ritmo costante in spinta per aprirsi il campo e tentare l’affondo. Il tutto sostenuto da tanta voglia di lottare. Ha ancora evidenti margini di crescita, e questo lascia pensare che Passaro possa entrare nella top100 ATP e restarci.

Riprendiamo alcuni passaggi dell’interessante intervista rilasciata dal coach di Francesco, Roberto Tarpani, a Supertennis.tv, nel quale il coach del perugino parla di come è iniziato il suo rapporto con Passaro e di come stiano vivendo quest’ottimo momento di crescita.

“Sono il padrino di battesimo di Francesco. È come se fosse mio figlio, l’ho visto crescere un giorno dopo l’altro. La prima volta che ha messo piede al circolo avrà avuto non più di sei anni, lo ricordo bene. Abitava qui vicino, veniva a piedi ad allenarsi dopo la scuola e ha seguito il percorso classico che prendono più o meno tutti a quell’età. Già da piccolo aveva qualità superiori rispetto a quelle di molti suoi coetanei, soprattutto dal punto di vista fisico e da quello della coordinazione. Ha avuto un periodo nel quale si è diviso tra tennis e calcio, una sua grande passione, prima di sposare definitivamente questa causa”.

Non si considera suo “vero” coach da molto tempo: “A dire il vero non da molto tempo, anche perché fino ai 15-16 anni ha svolto un’attività non particolarmente intensa. Col senno di poi è stata una delle migliori decisioni che potessimo prendere. A mio avviso è controproducente far allenare troppo i ragazzi quando sono molto giovani, a 13 anni non si possono avere le idee chiare sul futuro. Fare il professionista è una cosa seria e occorre avere un minimo di maturità nel prendere tale decisione. L’ambiente è bello ma faticoso, pieno di impegni, sacrifici e rinunce. Sostanzialmente è da poco più di un anno che abbiamo iniziato a girare il circuito insieme con continuità”.

“Anche negli anni passati Francesco ha sempre giocato bene. I motivi dietro le vittorie e la conseguente scalata del ranking sono tanti, ma la convinzione nei propri mezzi è quello che ha fatto la differenza. Abbiamo svolto per due mesi un’ottima preparazione al Centro Tecnico Federale di Tirrenia, facendo i professionisti a 360 gradi, e i risultati si sono visti presto. La vittoria nel 15.000 dollari di Monastir e la finale al Challenger di Sanremo, partendo dalle qualificazioni, sono state una forte iniezione di fiducia. Il lavoro tecnico su servizio e dritto ha fatto il resto, anche se ancora dobbiamo colmare la distanza tra vincenti ed errori gratuiti. Nella nostra idea di tennis c’è voglia di andare a prenderci i punti. Ben vengano gli errori se figli di un gioco propositivo”

Cosa ha detto a Francesco prima della finale di Trieste: “Niente di particolare. Preferisco lavorare e magari capire dove abbiamo sbagliato. Sapevo che prima o poi sarebbe riuscito a vincere, era solo questione di tempo. La sconfitta nelle tre finali precedenti di Sanremo, Forlì e Milano ci ha fatto aprire gli occhi su alcuni aspetti. Francesco era partito per Trieste convinto che avrebbe vinto il torneo. Questa è la giusta mentalità, quella di avere l’ambizione di provare a vincere ogni torneo al quale ci si iscrive. Le qualità le ha”.

Chiari gli obiettivi a medio termine: “Milano (NetxGen Finals) è uno dei due obiettivi insieme al main draw degli Australian Open 2023. Se così non dovesse essere la stagione sarebbe comunque ottima, così come le prospettive future. Da adesso in poi, punti da difendere non ce ne sono e il tempo per lavorare bene non manca. Quest’anno siamo stati chiamati più volte a rivedere la programmazione, fortunatamente per puntare sempre più in alto. Ora il calendario prevede i Challenger di Lisbona e Parma, con un sogno legato ai due ATP 250 di Firenze e Napoli”.


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