Parla al Corriere della Sera Darren Cahill il supercoach di Jannik Sinner: “Come mentalità mi ricorda Hewitt: ha la stessa scintilla negli occhi, che non si vede spesso nel circuito”

Dal Corriere della Sera arriva l’intervista di Gaia Piccardi a Darren Cahill.
Sinner sarà in campo sulla terra di Umago (Croazia) dal 25 luglio, diretto verso lo swing canadese e americano (Cincinnati) che conduce all’Open Usa, l’ultimo Slam.

Darren, lei ha portato per mano il giovane Hewitt, l’anziano Agassi e la rumena Halep al numero 1: crede di farcela anche con Sinner?
«Uh, che domanda difficile! Ci crede se le dico che con Jannik non abbiamo mai parlato di classifica in queste settimane? Per me il ranking è irrilevante. Fondamentale è mettere il ragazzo nella condizione di lavorare al meglio, ogni decisione in funzione del suo bene. La classifica, se saremo bravi, seguirà».

Come si dividerà il lavoro con Vagnozzi?
«Faremo settimane da soli con Jannik e periodi insieme: presto ci spartiremo il calendario. Il periodo di prova di Wimbledon è stato molto positivo: conoscevo Jannik come giocatore ma non come persona. Mi ha impressionato. È umile, spiritoso, ben educato e pieno di passione per il tennis. Queste sono le doti umane più importanti per me. Poi viene l’atleta, le cui qualità sono sotto gli occhi di tutti».

Con Vagnozzi vi spartirete anche i campi d’intervento sul giocatore?
«Dal mio punto di vista, un tennista è fatto di tecnica, tattica ed emozioni. Con Simone lavoreremo su tutto insieme, compensando le nostre virtù e debolezze. La condivisione di esperienze produce solo ricchezza».

A proposito di condivisione, ha parlato con Piatti?
«Certo che sì, siamo in contatto: io e Riccardo ci conosciamo da anni, lo stimo molto, Jannik l’ha formato lui. Non potevo non sentirlo».

Qual è la lezione più preziosa che Sinner ha imparato dalla sfida con Djokovic?
«Io vedo solo spunti positivi: martedì Jannik ha capito di poter giocare alla pari con l’ex n.1 del mondo. Non è un’informazione da poco. Ha capito che una partita con i top player è fatta di fasi e che dovrà alzare l’intensità del suo tennis insieme al livello, come ha fatto Novak dal terzo set in poi. Jannik, invece, è rimasto allo stesso livello dei primi due. L’ho visto stanco, alla fine: cinque set sull’erba sono brutali. Avrebbe dovuto dosare meglio le energie per non finire in riserva. Imparerà in fretta».

Quanto è importante dotarlo di più soluzioni?
«Vitale. Immagini Jannik come un arciere: nella sua faretra dovrà avere molte più frecce di quante ne ha ora. Se un piano non funziona, via, si cambia».

Sinner, cosa gli manca ancora per battere Djokovic: una sconfitta che è una promessa
Dopo il k.o., Sinner è stato meno duro del solito con se stesso: ho sbagliato troppo, ha detto, ma posso darmi il permesso di essere felice.

«Ci dice quanto il ragazzo, a 20 anni, abbia voglia di migliorarsi e uscire dalla sua zona di confort. Con Novak ha perso senza mai smettere di provarci, essere creativo. Non può essere triste, proprio no. Con un 3% di maturità in più, già cambia tutto. È una spugna: impara da ogni palla. Ma è già eccezionale».

Djokovic ha detto che vede un po’ di se stesso in Jannik.
«L’ha detto anche a me, ha ragione. Ma vado oltre. Come mentalità mi ricorda Hewitt: ha la stessa scintilla negli occhi, che non si vede spesso nel circuito. Jannik è una tigre in gabbia, aspetta solo di essere liberata in campo».

È stato Sinner in persona a contattarla: le ha detto perché l’ha scelta?
«A dire il vero no. Credo l’abbia fatto per non avere rimpianti in futuro. Oggigiorno avere due coach non è inusuale. Sono felice e onorato che mi abbia chiamato».

La sua migliore qualità?
«La fiducia. La convinzione di poter arrivare al vertice di questo sport. Non è qualcosa che si impara: ci nasci. Forse gli deriva anche dal suo passato di sciatore. Sentii parlare per la prima volta di questo ragazzo italiano proprio qui a Wimbledon, da Riccardo Piatti che all’epoca lo allenava, circa tre anni fa. La stagione dopo era già un top player. Da allora seguo i progressi di Jannik costantemente».

La sua miglior superficie?
«Quella su cui al momento è più pericoloso? Certamente il veloce. All’Open Usa la palla vola, i campi sono rapidi: vedremo di arrivarci preparati».

Chi vince Wimbledon domenica, secondo lei, Darren?
«Djokovic».

E Wimbledon 2023?
«So cosa vorrebbe sentirsi dire: ci stiamo lavorando sodo, fidatevi di noi».


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/

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