Lorenzo Musetti, parla coach Tartarini: “Amburgo l'ha sbloccato, ora punta in alto”

Cosa significa il secondo titolo in pochi mesi?

“Le cose più importanti non sono le vittorie ma la consapevolezza che la strada è quella giusta. Sono due anni o più che stiamo parlando con Lorenzo di concetti che sono sempre gli stessi. Migliorare il servizio e l’uscita dal servizio. Spesso non riusciva a dare quella qualità che negli ultimi mesi è riuscito a dare. Forse Amburgo ha stappato un tappo grosso che aveva nello stomaco. Forse quello ha dato la svolta. Gli ha dato questa tranquillità nel lavoro. Non aveva più lo stress del risultato e del ranking. La sua qualità nel lavoro è cresciuta in maniera esponenziale“.

Si sta vedendo anche un Musetti più maturo…

“La sua maturità cresce perché ovviamente sta crescendo anche lui come persona. Facendo delle esperienze, matura anche lui. Anche questo è frutto di tante cose. Non è solo il preparatore atletico, non è solo Tartarini, non è lo psicologo che ha fatto la differenza su quello. E’ lui che sta crescendo”.

Musetti le ha dedicato il titolo di Napoli, cosa significa per lei?

“Due sere prima della finale di Napoli eravamo a cena con Roberto Petrignani (preparatore atletico, ndr). E’ venuto fuori un aneddoto di una nostra trasferta. Da lì in poi Lorenzo ha voluto raccontare a Petrignani una parte di quello che abbiamo fatto. Più parlavamo più venivano fuori tutte le nostre esperienze. Sembra che giochi da 45 anni. Le nostre trasferte con il pulmino quando era U10, i tornei U12. Tutti gli aneddoti, gli alberghi, la sua paura per dormire. La prima volta è venuta la mamma quando aveva 8 anni e mezzo. Avevo 20 bambini ed era l’unico con la mamma. Abbiamo attraversato il mare di Ulisse quattro volte pensando a tutto quello che abbiamo passato. E’ un miracolo quello che ha fatto e he abbiamo fatto. Passare dal circoletto ai tornei U10 e U12, ai tornei ITF, ai primi Challenger. Parliamo di 9-10 anni di attività. Con sacrifici economici pazzeschi. Ora stiamo bene, ma ricordo ancora quando si ragionava per centellinare la trasferta. E’ venuto fuori tutto questo trascorso che avevamo un po’ dimenticato. Forse mi ha dedicato la vittoria per quel motivo…”.

Hai mai avuto dubbi sul lavoro che stavate facendo insieme?

I dubbi ci sono, ci sono sempre stati. Lavorando e non vedendo i risultati che ti aspetti ti vengono dei dubbi. Ti chiedi se le parole che stai dicendo a Lorenzo siano giuste e necessarie. Più volte con Lorenzo mi sono rapportato per capire se avesse bisogno di qualche altra cosa, di qualche aggiunta. Però in 9 anni non abbiamo mai avuto una discussione. Lui sapeva quale fosse il problema principale, cioè lui stesso. Non riusciva a controllarsi o in allenamento non riusciva a dare quello che poteva dare. Lorenzo ha sempre avuto fiducia in me in maniera smisurata. E’ ovvio che dall’esterno arriva pressione e lui si è fatto carico di quello”.

Avete parlato di anche di super coach?

“Non ne abbiamo mai parlato. Altro che super coach, io sono un super eroe. No, non ne abbiamo mai parlato. Ne hanno sempre parlato altri, perché magari collegano le cose dopo che Sinner ha lasciato Riccardo Piatti”.

Musetti ha detto di sognare le Atp Finals.

“Le Atp Finals sono una chimera quest’anno, solo l’aritmetica non lo boccia. E’ ovvio che si sente bene, si sente più competitivo, è più maturo. Sa che quando va in campo avrà un rendimento, cosa di cui qualche tempo fa non era così sicuro. Dovrà cercare di fare il meglio possibile quest’anno. Vuole arrivare più in alto possibile nel ranking. E’ un giocatore ambizioso. Lui guarda lontano adesso ed è normale: ha 20 anni, è a ridosso della top 20. Compete spesso con i migliori, gioca alla pari, li batte. Si sente più forte. Quindi si sente di arrivare lassù, nell’Olimpo”.

Ci dica tre concetti che ripete sempre a Musetti

Divertimento in primis, poi tranquillità, pazienza ed energia. Ogni tanto si spegne, ha cali di tensione. Deve stare sempre alto di intensità e deve stare tranquillo: a volte si fa prendere un po’ dalla fretta, soprattutto quando è al servizio. Perché gli dico di divertirsi? Perché ogni tanto diventa troppo critico con se stesso e si lamenta se non colpisce bene la palla”.

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