L’erba di Wimbledon non è più immacolata. Il lavoro quotidiano di Neil Stubley, il capo giardiniere di Church Road e del suo staff composto da 28 persone, è stato rovinato dai giocatori, i loro piedi e i loro colpi. Come tutto ciò che riguarda i Championships, anche il verde ha una sua tradizione e una sua routine, per esempio l’altezza dei ciuffi dal 1995 è rigorosamente di 9 mm, il compromesso ideale per il gioco e la buona sopravvivenza del terreno. Niente viene lasciato al caso da queste parti, e ogni giorno i giardinieri del club si aggirano per i diciotto campi per il lavoro di falciatura e rastrellamento. L’erba viene tagliata tutti i giorni e tutti i giorni le linee che delimitano il campo vengono tracciate, in modo che siano sempre bianchissime e distinguibili dai giocatori. Di notte, poi, i campi vengono coperti, o meglio, messi a riposare, come dice scherzando ma non troppo Stubley che conosce i segreti del terreno meglio di Roger Federer.
E se la superficie del torneo è fondamentale per il gioco, nemmeno il resto, ciò che potrebbe essere considerato di contorno, viene lasciato al caso. Il verde, uno dei colori simbolo del torneo insieme al viola, è fondamentale in ogni dettaglio. In oltre sedicimila metri quadrati di terreno si possono trovare più di cinquantamila piante, tra cui quindicimila petunie, milleottocento ortensie oltre a un enorme prato in cui sono stati piantate piante da fiore che incoraggiano gli impollinatori. Tutto è cominciato con un’edera piantata nel 1923 nella club house del circolo. Subito dopo è stato il turno delle ortensie, che negli anni si sono moltiplicate. Tutto ciò che è fiorito da allora, nasce da lì. Sempre all’insegna della tradizione, ma con un occhio rivolto alla modernità. Su Twitter per esempio, si può seguire l’account Wimbledon Groundsman, che superando la tradizionale riservatezza british, quotidianamente informa i followers sullo stato dell’erba inglese.
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