L’ultima sfida odierna delle Nitto ATP Finals di Torino determinerà l’attuale Maestro dei Maestri del tennis mondiale. Dopo la partita finale di doppio, con la vittoria degli ‘imbattuti’ Ram e Salisbury sulla coppia croata di Mektic e Pavic, è la volta del singolare, l’ultimo e il più atteso del torneo. Si affrontano Djokovic e Ruud, 2 degli 8 big mondiali che in questa settimana abbiamo visto giocare ai livelli più alti.
I magnifici 8 non sono pistoleri, ma i loro colpi di racchetta, alcuni proiettili lanciati a velocità supersonica, hanno dato spettacolo, emozioni, divertimento. Di ognuno abbiamo visto la fatica e la resilienza, la frustrazione e la determinazione, l’intelligenza tattica e il lato più umano, perfino familiare. Come l’abbraccio festoso dei figli di Djokovic per la vittoria del papà; le bionde nonne di Ruud e la sua bionda fidanzata; la compagna influencer dell’acrobata Fritz; lo zio Tony nella panchina di Auger-Aliassime nel match con il nipote Rafa; l’invadente, calorosa famiglia di Tsitsipas; la panchina quasi vuota, senza famiglia, dei russi Medvedev e Rublev che soffrono la situazione di isolamento dovuta alla guerra, nei cui confronti Rublev consegna il suo grido “Peace, peace, peace, all we need”.
Non miti, ma atleti pieni di umanità, con una straordinaria passione per l’antico gioco di origine regale.
Novak Djokovic a Torino è giunto imbattuto fino in fondo, dopo un anno per lui durissimo, in cui non ha potuto giocare, come gli altri atleti, i tornei in Australia e negli USA e, pur vincendo Wimbledon, non ha ottenuto quei punti che probabilmente gli avrebbero conferito il titolo di numero uno.
Il norvegese Casper Ruud, rappresentante della next gen che nell’ultimo anno ha dimostrato un talento notevole e in grande ascesa, è un atleta correttissimo dal gioco regolare e solido.
Scattano, corrono, frenano, si allungano, martellano violentemente, smorzano soavemente, su un campo rettangolare di circa 8 metri per 23 che per un’ora e mezza diventa un palcoscenico mondiale, dove prevale la pressione strategicamente controllata e stringente del djoko.
Il ‘vecchio campione trentacinquenne’, uno dei Big Three assieme a Roger e Rafa, è giovane dentro e vuole misurarsi e vincere con la nuova generazione e la nuova scuola. Il suo è l’atteggiamento mentale dell’uomo che si mette in gioco e si rinnova, accetta la sfida e varca nuovi confini superando i propri limiti, assetato di conoscenza e, nel caso di Nole, anche di record: l’aver atteso per 7 anni la gioia di questo trofeo, glielo rende ancora più dolce. Complimenti, Recordman!
Gisella Bellantone
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