“Sono estremamente deluso”. Sono queste le prime parole di Novak Djokovic, subito dopo la sentenza della Corte Federale australiana. Il numero uno al mondo ha trasmesso un comunicato da cui emerge la volontà di non appellarsi alla High Court e di rinunciare dunque agli Australian Open. “Significa che non posso rimanere in Australia e partecipare agli Australian Open. Rispetto la sentenza della Corte e collaborerò con le autorità competenti in relazione alla mia partenza dal Paese. Mi dispiace che l’attenzione delle ultime settimane sia stata su di me e spero che ora possiamo concentrarci tutti sul gioco e sul torneo che amo. Vorrei augurare ai giocatori, ai funzionari del torneo, allo staff, ai volontari e ai fan tutto il meglio per questa edizione. Infine, vorrei ringraziare la mia famiglia, i miei amici, la mia squadra, i tifosi, i tifosi e i miei compagni serbi per il vostro continuo supporto. Siete stati tutti una grande fonte di forza per me”.
Nel corso del dibattito, le parti hanno discusso molto sui sentimenti no vax che la figura di Djokovic, in quanto modello per molte persone, può alimentare. In particolare Nick Wood, il legale di Djokovic, ha detto più volte che la rabbia dei no vax è stata alimentata non dall’ottenimento dell’esenzione medica da parte del tennista, ma dall’azione del governo che ha deciso di cancellargli il visto: “L’unica prova è la rabbia dei no vax in risposta alla decisione di cancellargli il visto e quindi di avviare un corso di eventi che avrebbe portato alla sua espulsione”. Un altro punto importante toccato da Wood nel corso dell’udienza riguardo il futuro di Djokovic dopo questa sentenza e cioè che l’espulsione del campione in carica mette a rischio la carriera del giocatore oltre a generare sentimenti contro il vaccino: “Il ministro non ha considerato uno scenario alternativo: se Djokovic sarà espulso, una scelta che comprometterà la sua carriera, è abbastanza scontato che sarà questa decisione a poter generare sentimenti no vax”.
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