Jimmy Connors è sempre stato un personaggio particolare, in campo e fuori. Ruvido, a volte fin troppo sopra le righe, certamente unico e terribilmente schietto. Una lingua “tagliente” che l’ha portato spesso a distinguersi dai propri colleghi prendendo posizioni scomode. In un postcast chiamato “Advantage Connors”, il 70enne ex n.1 statunitense ha parlato di alcuni temi del tennis attuale, esaltando le qualità del giovane n.1 Carlos Alcaraz, ma anche scagliandosi sul modo in cui a suo dire da anni i migliori giocatori al mondo vivono il tour. Secondo “Jimbo” ormai contano solo 4 tornei all’anno, gli Slam, e questo ha notevolmente impoverito l’annata tennistica. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero, che certamente – come al solito – farà discutere.
“In questo momento Alcaraz ha dimostrato di esser una spanna sopra a tutti, ha vinto gli US Open, ha avuto un grande anno ed è il numero uno al mondo. Ma attenzione, deve porsi obiettivi ambiziosi perché altri sono pronti a sorpassarlo. Deve rendersi conto di essere diventato l’obiettivo principale, tutti metteranno in campo il proprio massimo per batterlo, le cose saranno diverse per lui. È necessario che inizi a vincere anche quando è al 70%, o la superficie non gli piace, dove è troppo lenta e il suo gioco non rende”.
Interessanti le sue parole sulla direzione del tennis attuale: “Sarà interessante vedere dove andrà a finire il tennis. È cambiato molto dai miei tempi, il modo di giocare è stato rivoluzionato. Non so se i nuovi giovani saranno in grado di giocare con più potenza di così. Il prossimo grande tennista credo che sarà un tennista diverso, una sorta di ibrido, mostrerà la potenza del tennis di attuale ma anche un atteggiamento da ‘vecchia scuola’ per assomigliare a Federer, perché quando tutti giocheranno al massimo della forza senza mai variare, allora chi ci riuscirà e giocherà un tennis offensivo e con cambi di ritmo avrà delle armi micidiali”.
Ultima e secca considerazione sull’annata tennistica, a Jimbo non piace affatto come i giocatori approcciano i tornei stagionali: “Ai miei tempi, ogni partita contava, giocavamo più di adesso ed era importante vincere titoli contro altri grandi tennisti contro i quali gareggiavamo con frequenza, in ogni torneo. C’erano rivalità che correvano tutto l’anno e anche in tornei più piccoli si vedeva grande tennis, tutti davano il loro massimo. Oggi l’enfasi è solo sui tornei del Grande Slam, gli altri sono solo una preparazione. Molti ragazzi pensano di aver già fatto una bella stagione quando hanno raggiunto una semifinale o la finale di un Grande Slam. Se la raggiungi è un grande risultato, certo, ma poi? Il pubblico segue i tornei e vuole vedere i top player giocare bene tutto l’anno; al contrario spesso non vede i migliori giocare al loro potenziale, è deludente. Questo per me è un impoverimento”.
Parole chiare, condivisibili quando si pensa al “prodotto” tennis nel suo complesso, non sempre all’altezza delle aspettative. È corretto sottolineare che rispetto ai tempi del mitico Connors (anni 70-80) oggi si gioca ad un’intensità nettamente superiore, con i fisici dei giocatori sottoposti a stress allora sconosciuti. Disputare ogni torneo spingendo a tutta è quasi impossibile. Considerando gli spunti di Connors interessanti, qual può essere una soluzione? Forse quella di tornare a un tennis meno sbilanciato sul lato atletico, che permetta ai giocatori di spremersi di meno e quindi “divertirsi di più” giocando anche più spesso al massimo del proprio potenziale. La strada sarebbe quella di intervenire sui materiali, premiando la tecnica e non la forza. È un discorso affrontato più volte, caro a molti ex giocatori e osservatori, ma chi è al governo del gioco al momento non sembra interessato a parlarne.
Marco Mazzoni
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