Berrettini e Sinner protagonisti all’Australian Open: perché non c’è niente di normale

Domare al termine di 5 set Monfils con la stessa abilità con cui i surfisti australiani non si fanno mai travolgere dall’onda anomala. Contenuti tecnici, mentali e fisici racchiusi in una partita piena di insidie. Mettendo insieme i miglioramenti tecnici evidenziati nella maggiore varietà di gioco accanto alla straordinaria potenza. Sempre più nella storia con la finale di Wimbledon, la semifinale agli US Open, i quarti al Roland Garros e questa sua prima semifinale a Melbourne di fronte alla leggenda Nadal. Berrettini in semifinale agli Australian Open oggi può sembrare un risultato normale. Perché era favorito contro Carreno Busta e lo era anche con Monfils. Può sembrare anche normale che Sinner sia nei quarti dopo aver battuto da favorito Daniel e De Minaur. Ma non è normale. No, non è normale. Non è assolutamente normale. Perché la portata di questi risultati sono ennesimi record ai quali non possiamo e non dobbiamo abituarci come “normalità”.  

“Ora abbiamo due campioni”

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Perché la portata di questi risultati sono ennesimi record ai quali non possiamo e non dobbiamo abituarci come “normalità”. Nei lunghissimi anni che sono passati dalla doppia presenza nei quarti in uno Slam di Panatta e Bertolucci, eguagliati 49 anni dopo da Berrettini e Sinner, c’è mezzo secolo di un tennis italiano senza un vero campione. Ora ne abbiamo due. Dalla grandezza degli anni Settanta non è stato facile tornare a respirare in Italia l’aria di un vero e proprio boom tennistico. Nei circoli, nei bar e ovunque. Il post vittoria Davis nel ’76 ha portato altri ottimi giocatori, da Claudio Panatta a Cancellotti, da Canè a Camporese, da Gaudenzi a Furlan, Caratti e Nargiso. Bravissimi nella loro carriera, ma senza l’acuto di una semifinale di uno Slam che ormai sta diventando “abituale” per Berrettini e presto per Sinner. Non a caso Matteo è stato il primo a tornare a rappresentare l’Italia nelle Atp Finals, dai tempi di Panatta e Barazzutti. Record battuti uno dopo altro dalla valanga azzurra attuale, cresciuta intorno a Fognini, Cecchinato, Seppi, Sonego ed esaltata dalle imprese incastonate intorno alle nostre due punte di diamante: Matteo e Jannik. 

Nel 2002 l’Italia si era ritrovata ad avere un solo italiano nei Top 100: Davide Sanguinetti. L’impresa era avere ogni tanto in italiano nella seconda settimana degli Slam. Negli ultimi due anni ci siamo invece abituati ad avere anche 10 italiani nei Top 100 Atp. Mezzo secolo dopo, la luce che arriva dall’Australia è bellissima. Ti rende felice per la semifinale di Matteo. Ti riscalda per la strada meravigliosa di un ventenne come Sinner. Ti fa venire in mente di non commettere mai l’errore di considerare questo momento come “normale”. Campioni come Matteo e Jannik sono l’orgoglio nazionale. L’eccellenza dello sport italiano a rappresentarci down under, dall’altra parte del mondo. Dopo aver capovolto la storia, senza farsi travolgere dall’onda anomala.

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