La novità degli autobus a guida autonoma che la città di Torino doveva lanciare proprio di questi tempi era rivoluzionaria. Eppure, dopo attesa e desiderio di vedere “un sogno realizzato”, nessun mezzo di trasporto pubblico “sfilerà” per le strade del capoluogo piemontese con i primi passeggeri a bordo. La programmazione doveva essere questa, inizialmente: 14 volontari avrebbero viaggiato – anche gratis – per circa due km di strada sperimentale nella zona degli ospedali cittadini.
L’entusiasmo di poter consegnare in tempi brevissimi questi autobus driverless è andato purtroppo in frantumi. Bisognerà ancora aspettare per vederli all’opera – il progetto si chiama auTOnomo – poiché alcune sistemazioni vanno ancora apportate. Le voci dell’interruzione del “lancio” hanno iniziato a circolare, ma non va preso tutto per “oro colato”. C’è chi riferito che il problema va ricercato nella disposizione delle auto in doppia fila, mentre invece il Corriere della Sera riporta che per i tecnici dell’azienda locale dei trasporti “il computer di bordo non riesce a prevedere le eventuali macchine in doppia fila o i mezzi che sorpassano i bus all’ultimo. Per questo occorrerebbe dotarli di telecamere da remoto, ma subentrerebbe un problema di privacy”.
Dopo una sperimentazione durata tre mesi, c’è quindi il problema dei risultati che si sarebbero dovuti avere con il collaudo dei 90 giorni con i passeggeri. Non essendo avvenuto i fondi europei potrebbero essere persi. La scadenza della sperimentazione ha una data fissata, ed è quella della primavera 2023. Uno dei motivi principali dello stop è di sicuro il protocollo molto rigido che non ammette sbagli.
Enrico Al Mureden, ordinario di Diritto civile all’Università di Bologna e di Product safety, liability and automotive alla Motorvehicle University Emilia-Romagna, dice che “bisognerebbe adottare una nuova lettura della disciplina legislativa della privacy, modulata via via in relazione alle specifiche esigenze che la sicurezza della guida autonoma postulano”.
“In termini conclusivi si potrebbe dire che questa vicenda testimonia sempre di più la necessità di un dialogo tra discipline tecniche e discipline legislative; soprattutto, la necessità che queste ultime siano modificate ogni qualvolta possano rappresentare un ostacolo allo sviluppo tecnologico e a quello della sicurezza”.
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