TORINO – Ma alla fine, ragionando a freddo, la punizione inflitta domenica scorsa a Sergio Perez si può considerare giusta o sbagliata, adatta o inadeguata? Non semplice dare giudizi imparziali, ma i 5 secondi che la Fia ha inflitto al messicano per aver infranto la regola secondo cui bisogna tenere una determinata distanza dalla safety car, sono più o meno quel che tutti si aspettavano. Li avevano considerati anche in Ferrari e in Red Bull. Caso mai si può discutere sul fatto che Perez abbia commesso la stessa infrazione per due volte e, nel primo caso, sia stato solo ammonito. Ma effettivamente, come scrivono i giudici di gara, le circostanze generiche c’erano (ovvero, la scivolosità della pista era obbiettivamente difficile da gestire).
TRE ORE – Quel che non è accettabile è che ci siano volute tre ore (un tempo infinito) quando l’infrazione era evidente a tutti e la possibile sanzione più o meno altrettanto chiara. Tra l’altro, nemmeno mancavano i precedenti ai quali richiamarsi per mantenere una certa uniformità di giudizio. Aspettare la fine, convocare piloti e rappresentanti delle squadre in direzione gara è stato un inutile formalismo da azzeccagarbugli. A parte sottolineare l’inefficienza della Fia, bisogna dire che la mancanza maggiore è stata non riuscire a decidere con la gara ancora in corso, in modo da comunicare ai piloti che cosa sarebbe accaduto. Più giusto per chi era davanti (Perez, appunto) e per chi stava inseguendo (in questo caso Leclerc). E molto più giusto per gli spettatori, che avevano (e hanno in ogni momento) il diritto di sapere che cosa sta accadendo. Non che i due piloti avrebbero potuto fare qualcosa di molto diverso da quello che hanno fatto (ovvero spingere al massimo sino che ne hanno avuto la possibilità). Ma almeno l’avrebbero fatto all’interno di una situazione chiara, anche (e soprattutto) dal punto di vista psicologico. Invece è stata apposta, anziché una medaglia sul petto, un’altra inutile macchia sull’intera Formula 1.
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