TORINO – Il tramonto del Sol Levante. Se ci fosse stato ancora qualche dubbio che la MotoGP sia diventata europea, anzi decisamente italiana, con il dominio Ducati e Aprilia (che però ora deve essere concretizzato anche con il titolo mondiale e non solo pole, vittorie e podi a ripetizione), ci ha pensato Marc Marquez a mettere in chiaro come il mondo delle due ruote si sia rivoluzionato e che i giapponesi devono inseguire, cambiare, rivoluzionare anzi.
Al suo ritorno nel paddock, anche se solo per la prima conferenza stampa ufficiale dopo la quarta operazione al braccio destro martoriato a Jerez 2020 che ha stonato anche questa stagione, l’otto volte campione del mondo si è preso i riflettori del GP d’Austria, 13° appuntamento del Motomondiale. Mentre Pecco Bagnaia vuole mettere ulteriore pressione a Fabio Quartararo e Aleix Espargaro riprendere l’inseguimento all’amico-rivale dopo essersi leccato le ferite di Silverstone, Marquez oggi ha mandato un chiaro ultimatum alla Honda. Il fenomeno spagnolo è riconoscente alla Casa alata che l’ha portato a vincere praticamente tutto e che da due anni l’aspetta e tutela, ma nonostante abbia ancora due anni di contratto, sa che per tornare a vincere un titolo (eguagliando i nove di Valentino Rossi) ha bisogno di una moto vincente. Ora più che mai, visto il suo deficit fisico e i dubbi he ancora lo circondano. E la Honda non lo è. Da tempo.
Così, in attesa dell’annuncio di Joan Mir come compagno di squadra dal prossimo anno, e avendo intanto piazzato il fratello Alex in Ducati (sponda Gresini: «Ma non gli chiederò i segreti della Rossa»), Marc spinge i giapponesi di Tokyo per una rivoluzione prim’ancora culturale che tecnica. «Il mondo delle moto è cambiato, dobbiamo cambiare anche noi. Più che una nuova moto, serve un nuovo progetto, più europeo. E soldi ci sono, i piloti pure, ma bisogna avere una nuova organizzazione». Avvertendo. «Non decido io cosa fare, ma io sono un pilota e voglio avere la moto miglior del paddock».
Sì, un ultimatum. Come quello lanciato mesi fa da Quartararo alla Yamaha, che per trattenerlo ha stravolto la sua filosofia, affidandosi all’ex ingegnere della Ferrari (che ha messo mano già al motore Aprilia) Luca Marmorini per colmare il gap di cavalli con le moto italiane. E dopo il nuovo addio della Suzuki (tornata per altro a vincere con un’organizzazione italiana), ora è la Honda a trovarsi costretta ad accettare il fatto che deve cambiare. Riprendere la strada che Shuhei Nakamoto aveva imposto ai giapponesi affidando il team a Livio Suppo. E tornando a vincere, anzi dominare, con Casey Stoner prima e Marc Marquez poi.
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