La crisi profonda, la spirale negativa, il contraccolpo emotivo, l’impotenza di fronte al nuovo che avanza.
Ci siamo, dopo anni di dominio incontrastato, sembra essere arrivato il momento adatto per inscenare il processo mediatico anche nei confronti del sette volte campione del mondo Lewis Hamilton.
Il pilota più vincente della storia della Formula 1, che avevamo lasciato il 12 dicembre a un “Latifi a muro” dall’ottavo titolo mondiale, lo ritroviamo quattro gare dopo nelle vesti di un bollito, un pilota finito, incapace e sfiduciato.
Questo è il “circus” mediatico che si genera sopra il Circus della Formula 1. Un mondo dove le opinioni vanno addirittura più veloci delle vetture in pista.
Che Lewis Hamilton (per ora) non stia correndo, ma incorrendo in una stagione negativa, è sotto gli occhi di tutti: lo testimoniano i 21 punti di distacco dal compagno di squadra.
Questo vale, più in generale, per il progetto Mercedes. La W13 soffre tantissimo in pista, lo stesso George Russell si è lamentato dei dolori fisici causati dal fenomeno del Porpoising, un saltellamento che colpisce le frecce d’argento non solo sui rettilinei, ma anche in curva.
Il team di Brackley, fa parte di quella ristretta élite di scuderie che si schierano in griglia ogni anno con l’ambizione di portare a casa il mondiale. Per questo motivo, parlare oggi dei possibili nuovi rapporti di forza all’interno del team Mercedes rappresenta una pura nota di cronaca.
Bisognerebbe attendere una Mercedes nuovamente competitiva per capire i reali ruoli gerarchici dei due piloti. Basti pensare che in Ferrari lo scorso anno, Sainz ha chiuso davanti a Leclerc nella classifica individuale, ma una volta arrivata la F1-75, una vettura capace di lottare per le vittorie, il trend si è subito invertito.
Lewis, nella gestione di una monoposto dominante è sempre stato un pilota ineccepibile, ha letteralmente cannibalizzato la scena negli ultimi anni, riuscendo a portare nell’olimpo di questo sport praticamente ogni Mercedes fosse all’altezza del titolo. Il giovane Russell, al contrario, è abituato a correre oltre i problemi della propria vettura, gli anni difficili in Williams hanno forgiato il talento di George in questo senso.
Ciò non vuol dire che Russell non possa fare meglio di Lewis in prospettiva, ma una vettura colma di problemi come la W13, sembra rientrare più nelle corde del talentino di Trellech.
Anche la Dea Bendata, in questi ultimi due weekend, ha sorriso al giovane Russell. A Melbourne l’incidente di Vettel e la conseguente Safety car hanno permesso a George di piazzarsi sul podio. A Imola invece, l’uscita di scena di Sainz, l’errore di Leclerc e il pit stop lento dell’ex Bottas, hanno consentito alla Mercedes numero 63 di raggiungere il quarto posto, alle spalle di Lando Norris. Valtteri, lo stesso finlandese, che Lewis Hamilton è stato capace di domare ben cinque anni consecutivi in Mercedes.
Il punto è che due gare non possono cancellare i 7 titoli, le 103 vittorie e le 103 pole position di Lewis Hamilton. Non possono oscurare una scuderia come la Mercedes, che viene da otto titoli costruttori consecutivi e che vanta una percentuale di vittorie in F1 pari al 50%. Di fronte a questi numeri bisognerebbe portare rispetto, perché il peso specifico delle statistiche supera la mole delle “critiche da bar”.
Purtroppo, questo è un discorso che ci è terribilmente familiare e riguarda in primis i canali di informazione italiana: bestie che oggi si scannano per salire sulla “bestia” di Leclerc e di quel Binotto che “doveva capire”. Sono le stesse che fino a 4 gare fa incensavano il dream team Hamilton-Wolff. Forse bisognerebbe portare rispetto all’umiltà dimostrata da questo binomio Mercedes, che nel suo estenuante dominio si è sempre rivelato dialetticamente corretto nei confronti degli sfidanti. O forse, semplicemente, dobbiamo capire che noi siamo i primi a non aver capito, perché tra il fare informazione e l’esprimere un’opinione c’è un abisso.
Fonte: https://www.circusf1.com/2022/04/f1-la-gogna-mediatica-martella-anche-lewis-hamilton.php
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