Alzi la mano chi, dopo il GP del Sachsenring, non aveva dichiarato Pecco Bagnaia fuori dalla corsa al titolo. Al giro di boa del campionato, il ducatista aveva collezionato il quarto “zero” in dieci gare, con un flop abbinato al successo di Fabio Quartararo. In quel momento Bagnaia aveva 81 punti, meno della metà rispetto ai 172 del campione in carica. Sono bastate soltanto due gare per trasformare lo scenario: Bagnaia ha vinto ad Assen e Silverstone, tracciati storicamente ostici alla Ducati che invece hanno “tradito” Quartararo, passato dai successi del 2021 ai soli 8 punti conquistati, complici la doppia caduta in Olanda (in un caso spedendo fuori pista anche Aleix Espargaro) e il ritmo insoddisfacente nella domenica britannica. Quel -91 è diventato -49, e con 200 punti da assegnare negli ultimi otto GP, Bagnaia ha più di una buona ragione per credere nella rimonta nei confronti di Aleix Espargaro (secondo a -22 dalla vetta) e Quartararo.
La velocità non è l’unica alleata del torinese, che sotto questo aspetto non teme confronti, come suggeriscono gli otto successi negli ultimi 18 GP. Alla Ducati è servita qualche settimana in più del previsto, ma la GP22 è diventata una moto esaltante su ogni tipologia di circuito, e come nel caso della versione 2021, Pecco è il pilota che meglio di tutti l’ha saputa interpretare. Ma non è l’unico ad andare forte con la moto bolognese, visto che domenica la Ducati ha piazzato quattro piloti nella Top 5 e sabato, in qualifica, erano stati sette i ducatisti nella Top 10. I compagni di marca possono, come domenica, togliere punti a Quartararo, che tende ad andare in crisi nelle condizioni di bagarre, e non soltanto perché la Yamaha non ha la potenza sufficiente per compiere sorpassi. «Quando sono in un gruppetto, la gomma si surriscalda… ci mancano velocità di punta, accelerazione e aderenza al posteriore» ha ammesso Quartararo. Avere otto moto in pista, su una griglia di 24, in un caso del genere può portare dividendi sotto vari aspetti, e non si parla soltanto della competitività delle Desmosedici sia in versione 2021 che 2022. Miller è destinato all’addio ma è ancora coinvolto negli sviluppi e soprattutto è ben disposto ad aiutare l’amico Bagnaia. Martin, Zarco e Bastianini sono sotto contratto anche per il 2023 e, a rigor di logica, difficilmente ostacoleranno Pecco. Il quale, domenica, ha ammesso di aver potuto contare anche sui consigli di due maestri d’eccezione, Valentino Rossi (che lo ha lanciato con la Academy) e Casey Stoner (l’unico campione della MotoGP con la Ducati).
Lo stesso calendario può alimentare la fiducia di Bagnaia, che in MotoGP ha vinto su tre delle otto piste su cui ancora si deve correre: Misano, Aragon e Valencia. Al contrario, Quartararo non ha mai trionfato sui tracciati che ospiteranno le gare conclusive, e l’unico vero circuito pro-Yamaha sembra quello australiano di Phillip Island. L’Austria, dove le moto giapponesi non hanno mai vinto nell’era-MotoGP, Aragon e Motegi appaiono in salita per la M1.
Il segreto di Quartararo è stato ottimizzare il pacchetto a disposizione. Escludendo Assen, il francese ha sempre portato a casa il miglior risultato possibile, ed è superfluo ricordare che i suoi compagni di marca hanno totalizzato, in tre, appena un quarto dei punti del solo Fabio: se El Diablo guida il Mondiale con questa Yamaha, significa che è rimasto lontano dagli errori. Bagnaia invece soltanto domenica a Silverstone ha pareggiato il conto tra vittorie e cadute in gara del 2022. Da un anno a questa parte Pecco si è abituato ad andare all-in, se è vero che negli ultimi 12 mesi è salito sul podio – otto volte – soltanto quando ha vinto. Qualche secondo o terzo posto precedendo Quartararo farebbe ugualmente comodo, ma per l’odierno pacchetto Bagnaia-Ducati ogni risultato differente dalla vittoria rischia di somigliare a una sconfitta…
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