Giro d'Italia 2022: Yates, Dumoulin, Carapaz e Almeida i favoriti per la vittoria finale

Giro d’Italia, solo la parola, il nome e la fantasia ti richiama immediatamente alla corsa Rosa, unica nel suo genere che unisce l’Italia da Nord a Sud o da est a ovest, dagli Appennini alle Alpi, dalle grandi città ai piccoli centri, da strade sperdute e mai viste a lunghe corsie parallele alla nostra costa, isole comprese.

Il Giro è una ventata di sport di fatica nel nostro meraviglioso territorio. Storia e tradizione si incastrano magnificamente nel quadro italico dove il ciclista non è il meccanico ma un moderno atleta che corre sopra una bici di carbonio con il cambio automatico e ruote a profilo. Pochi grammi e tanti da Watt da far esplodere.

Assai diverso da un tempo nel mezzo e nell’abbigliamento ma mai dimenticare il passato, è la nostra memoria che ci viene raccontata anche quando si sale in sella ora pensando a ben 105 edizioni e a quel 13 maggio del 1909 quando 127 coraggiosi si incamminarono all’alba per la prima volta in sei tappe mostruosamente lunghe. Quella Milano nebbiosa, fredda e infida non esiste più, il Giro nella sua lunga corsa è cambiato ma ha mantenuto due cose su cui nessuno può discutere: fatica e bellezza. La fatica di coloro che partecipano, tutti, nessuno escluso e bellezza del nostro paese, una cartolina turistica che non tramuta mai o meglio cambia come cambia il paesaggio: “saluti da…” beh impossibile scrivere da dove perché il Giro è passato da tutti gli angoli di Italia e suoi francobolli valgono molto perché associati a quella stampa indelebile che si chiama ricordo.

E’ inutile tornare indietro perché è un esercizio troppo nostalgico e forse ci fa rimanere su episodi troppo specifici, ognuno di noi, di voi, ha un suo particolare ricordo, aneddoto come quei piccoli bimbi delle scolaresche urlanti di gioia al passaggio dei girini nel loro paese, una festa indimenticabile nel vedere i propri beniamini dal vivo e non più rappresentati nei tappi e qualche ora fuori dai banchi, forse era l’Italia del biancofiore e dei covoni come ripeteva spesso nelle cronache Sergio Zavoli uno dei tanti fini dicitori del “racconto” Giro. Il Giro è così ti ispira la narrazione, l’epopea legata a quelle emozioni di teatrale scenicità che solo i corridori sanno fare.

Se Zavoli ci ha salutato da poco non posso non citare colui che ci ha sempre accompagnato dal teleschermo: Adriano de Zan, no non vi è nessuno ricorrenza è solo che ogni tanto mi piace ricordarlo, sono passati 21 anni ma nelle mie orecchie vi è sempre la sua voce e quando siamo alla vigilia ricordo perfettamente i suoi rituali. Che meraviglia, il Giro è questo, cito Adriano e come non se ne fosse mai andato come tutti quelli che lui e Zavoli o Ferretti hanno raccontato. Compaiono sulle strade come a dire “noi ne abbiamo fatti tanti di chilometri, asfalto, sterrato e sudore” Affacciatevi e vedete se il Giro passa, bisogno far festa. Ma ora spostata la patina di polvere bisogna capire o non capire che cosa vedremo.

Non vi sono i super campioni o “il protagonista”, son tanti ed evviva l’incertezza. Di certo nessuno parte battuto sulla carta. Simon Yates, Dumoulin, Carapaz e Almeida i più accreditati ma ne ve sono molti che possono e vogliono vestire a Verona la Maglia Rosa, come lo stesso intramontabile Nibali che con Ciccone hanno la nostra benedizione per cercare lo stellone azzurro. Certamente Carapaz potrà contare sulla migliore squadra, Team Ineos (ultime due edizioni vinte) con Sivakov e Porte al suo fianco ma Pello Bilbao, Landa e Lopez altri nomi di “probabili” o perenni incompiute.

Si vedrà in un Giro che parte dalla storica Budapest (doveva già essere sede di partenza due anni fa) e percorrerà 3446 chilometri con oltre 50mila metri di dislivello e 164 km di media giornaliera. Si capirà qualcosa sull’Etna, quarta tappa, e di sicuro nella nona, al Blockhaus, in Abruzzo si farà la conta per poi allacciarsi le cinture da Torino alla crono di Verona. Una terza settimana micidiale, andate e vedere in dettagli e capirete. La benedizione finale la darà il passo Fedaia, fatica, sacrificio sofferenze per affrontare quelle rampe che hanno segnato la storia e per fare ora la storia servirà quell’ultima stilla di energia, per fare girare le maledette pedivelle dove i watt lasciano spazio alla qualifica di “Eroi”.

Grazie Giro per esserci da tanti anni e sempre nuovo e bello.


Fonte: https://sport.sky.it/rss/sport_ciclismo.xml

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