DeMario Mayfield: “Dall’Iraq al Kosovo, ora segno per Torino”

TORINO – DeMario Mayfield, lo dice e te lo dimostra con i fatti, il modo di porsi e comportarsi. Che dagli errori s’impara e che è inutile nascondere ciò che si è stati. Mayfield è stato arrestato e ha svolto 10 mesi e mezzo di lavori socialmente utili. Per giocare a basket è ripartito dall’Iraq, nientemeno. L’unica offerta ricevuta grazie a un amico. Quando tutti voltavano le spalle a un talento che alle superiori era considerato. L’Iraq e poi il Kosovo a Pristina, altro territorio colpito dalla guerra. Poi l’Olanda, la scorsa stagione a Ferrara. E Torino, dove si candida a essere il principale terminale.

Mayfield, la seconda stagione in Italia e ora a Torino.

«Chi non vuole venire in Italia? Una Paese meraviglioso, popolato da belle persone. La scorsa stagione a Ferrara non è andata secondo le aspettative a livello di squadra. Da un punto di vista individuale, poi, uno può fare sempre meglio. Fin dal mio arrivo a Torino tutto è andato per il meglio. La società ha fatto tutto quanto per mettermi a mio agio e sistemare al meglio la mia famiglia. Sono tutti qui con me, i miei due bambini: il primo DeMario jr, ha 11 anni e poi c’è il piccolo, di un anno. Maverick. E c’è mia moglie Jas, cioè Jasmine. La donna della mia vita, da 13 anni assieme, sposati da 6».

Ha dovuto cominciare il professionismo in Iraq dopo qualche problema legale.

«Non ho mai avuto problemi a parlare del mio passato. La mia storia si può trovare facilmente online del resto, una rapina ideata ma fermata ancora prima. Soprattutto non sarei la persona che sono adesso, senza ciò che ho vissuto. Ho fatto un sacco di interviste sulla vicenda e l’ho postato sui miei social media. Il ricordo mi spinge a lavorare individualmente per essere giorno dopo giorno una persona migliore. Io non ho rimpianti. O meglio: rimpiango ciò che ho fatto, ma ripeto, non sarei il padre e il marito, l’uomo che sono oggi senza questo percorso. Stavo per rovinare tutto».

L’Iraq e poi il Kosovo.

«Lo so, non ho avuto il percorso tradizionale di un giocatore. Uno statunitense che va nel Middle East. Ma per me è stata un’opportunità fondamentale. E ho colto al volo l’offerta. Tutti vedono l’Iraq come un territorio di guerra. È una visione sbagliata, distorta. Come in ogni Paese ci sono parti belle e brutte. Penso persino in Italia. Io sarò per sempre grato agli iracheni, mi hanno naturalizzato, dato un passaporto, mi hanno aiutato a lanciare la mia carriera da professionista. Mi hanno cambiato definitivamente la vita. E per me sono come una seconda famiglia. Ho giocato e continuerò a giocare in nazionale fino a che mi convocheranno»

Perché il basket?

«Tutta la mia famiglia è sportiva. Io ho giocato a football americano, baseball, ma il basket era quello in cui riuscivo meglio. Tutta la famiglia veniva dal basket,peraltro. Mia mamma Valerie Mayfield ha giocato a Tennessee University, a Chattanooga. Play-guardia, ha stabilito record dell’ateneo. Lei capisce il basket a fondo ed è stata per me un’insegnante, mi ha spiegato come giocare, senza pensare soltanto a segnare»

Ha avuto un idolo, un riferimento?

«Allen Iverson è il giocatore che ha segnato la mia generazione, la nostra cultura e il tipo della comunità. Ha definito il più grande cambiamento della cultura cestistica».

Torino inzialmente cercava un playmaker, poi ha deciso per una guardia. Lei come si definisce?

«Non sono un playmaker, ma posso giocare in più posizioni, posso contribuire anche negli aspetti non tangibili. Posso anche giocare in regia, da numero 3 e difendere sulle tre posizioni di esterno. Sono una combo, ecco».

Avendo già giocato in A2, le sue prime impressioni su questa Reale Mutua?

«La Serie A2 è una lega anche migliore di molte prime leghe in altri Paesi. E questa squadra è stata costruita per arrivare lontano, essere impegnata nella lotta promozione».

Cosa conosceva dell’Italia?

«Solo i cenni storici. Conoscevo Gallinari che ha giocato per uno dei miei team preferiti, gli Atlanta Hawks. Ho chiesto informazioni a qualche amico che aveva già giocato qui, Jason Bunell e Gerald Robinson, al mio agente italiano, a Tommaso Fantoni, che è una gran bella persona. Sarà mio amico per sempre».

Suo figlio giocherà a basket?

«Sì, DeMario jr andrà alla Pallacanestro Moncalieri che mi è stata fortemente raccomandata. Anche il mio agente che conosce il basket italiano mi ha detto di mandarlo lì».

Ha un sacco di tatuaggi

«Tutti hanno una storia. È il percorso della mia vita. Quello che amo di più è l’impronta del piede di mio figlio, che ho sul petto».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/basket

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