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Stefano Storti, milanese, 51 anni, è un mental coach vicino da più di un anno al mondo dei Diavoli Rosa. Da 25 anni lavora nel settore sport e fitness, è un imprenditore e trainer professionista e si occupa inoltre di integrazione e di nutrizione. In un’intervista realizzata dall’ufficio stampa della società di Brugherio, Storti approfondisce l’attività del mental training, inquadrandolo nella dimensione sportiva.
Stefano, di cosa si occupa esattamente un mental coach?
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Guai a definire il mental coach un motivatore, giusto?
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È giusto dire che mente e prestazione sono un po’ il filo conduttore del tuo lavoro?
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Come si “convince” uno sportivo delle proprie capacità? Ma prima ancora, cosa si aspetta un atleta o una società che si rivolgono a te? In cosa vorrebbero essere aiutati?
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Come pensi di poterli aiutare?
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Quali sono gli strumenti che utilizzi?
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Quali sono le paure e le ansie più diffuse?
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Quanto può essere importante l’apporto di un mental coach nella pallavolo? Quanto secondo te è importante per i giovani?
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Queste sono quindi le motivazioni per cui l’allenamento mentale è sempre più importante in ambito sportivo, quasi imprescindibile dall’allenamento fisico?
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Qual è il momento in cui puoi dirti “soddisfatto” del lavoro fatto con un atleta, una squadra, uno staff?
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Al di là dell’aspetto professionale che ti lega agli atleti, dopo le sessioni di lavoro insieme, li segui? Li tieni sotto controllo?
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Viviamo oggi l’esperienza di una pandemia. Come si inserisce la figura del mental coach in questo scenario così pieno di incognite e di ansie?
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Un risultato di cui ti senti particolarmente orgoglioso?
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Quali sono i tuoi progetti futuri?
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