«La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere», sosteneva Plutarco. E, nella Da Rold Logistics Belluno, quel fuoco ora divampa con forza e vigore. Perché la squadra muove la classifica da cinque turni di fila, ha ottenuto due successi in sequenza (compreso il primo assoluto, lontano dalle mura amiche) ed è settima nella classifica di Serie A3 Credem Banca. Così, domenica (ore 16, alla Spes Arena) proverà ad allungare la striscia positiva contro la Monge-Gerbaudo Savigliano.
Ma se la citazione dell’autore e filosofo greco è vera – e lo è – allora appare evidente che per accendere quel fuoco, e quindi la mente, servisse una figura speciale. Una professionista. Insomma, serviva Erica Donadon: la mental coach. «Ringrazio il presidente Sandro Da Rold per aver creduto nelle mie capacità, nell’intento di offrire un valore aggiunto alla squadra. Nello specifico, mi occupo di curare gli aspetti motivazionali legati all’atleta: alle sue performance e alla vita sportiva».
Quanto incide la mente nel volley?
«Incide quanto la sfera tecnica e fisica, in pari misura. Faccio un esempio: se un pallavolista è performante dal punto di vista tecnico, ma sul 20 pari sbaglia una giocata apparentemente banale, allora la sua mente verrà offuscata e le conseguenze negative ricadranno sul rendimento. Il fisico si allena? Bene, lo stesso vale per la mente».
I rinoceronti stanno marciando spediti. Tuttavia, nelle prime uscite, hanno subìto qualche rimonta di troppo: è un aspetto su cui si può lavorare?
«Non solo si può, si deve. La paura esiste, fa parte di noi: anche la paura di vincere, che porta a sabotare se stessi. L’importante è definire l’ostacolo che blocca un determinato atleta. E, una volta definito, va affrontato, senza nascondere la testa sotto la sabbia. È un lavoro sul processo mentale, in cui è bene tener conto dell’armonia di gruppo. Come se la squadra fosse un’orchestra: tutti possono suonare a meraviglia, ma se il violinista commette un errore, la stonatura si sente subito. Serve coesione, soprattutto nei momenti di difficoltà».
Senza entrare troppo nello specifico, quale può essere un esercizio o una proposta da presentare a un atleta?
«Quella legata alla visualizzazione affinché si utilizzi maggiormente l’emisfero destro, che è più produttivo e porta ad avere risultati interessanti e in modo rapido. Il cervello è una macchina potentissima, la mente invece segue un processo più lento. È come avere una Ferrari: bisogna saperla utilizzare. Poi è chiaro che il singolo deve metterci del proprio».
Per chiudere, cosa le piace della pallavolo?
«Il fatto che, in ogni azione, metà squadra sia costretta a toccare il pallone. Ecco perché è fondamentale l’armonia. E che l’orchestra suoni lo stesso spartito».
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