Da Ercolano: Claudio Pistolesi parla del momento del tennis italiano: “Momento straordinario, sul quale bisogna fare alcune riflessioni. Innanzitutto ritengo che si stiano raccogliendo i frutti del lavoro svolto negli ultimi 15-20 anni”

“Non c’è un ‘sistema italiano’ dietro il boom dei nostri atleti ma una serie di storie straordinarie, nelle quali si distinguono oltre ai ragazzi anche i coach, che credono nelle doti di giovani promesse e investono tempo per puntare alla loro crescita”. Parola di Claudio Pistolesi, uno che di tennisti se ne intende avendo guidato per anni Davide Sanguinetti, Simone Bolelli e avere contribuito all’esordio tra le big di Mara Santangelo: “Per limitarci agli italiani” sorride, lui che ha avuto il privilegio di essere anche il tecnico dell’ex numero uno della racchetta al femminile Monica Seles. Pistolesi è in questi giorni ad Ercolano, dove è in corso di svolgimento il torneo challenger Atp 80 allo Sporting Poseidon di via Benedetto Cozzolino: qui segue la testa di serie numero 6, lo sloveno Andrej Martin (all’esordio ha battuto 63 46 75 Mirza Basic): “Ma anche Francesco Ferrari, che ha firmato ma non è entrato”.

A margine dei numerosi impegni, Pistolesi ha trovato il tempo per parlare del momento del tennis italiano: “Momento straordinario – ammette – sul quale bisogna fare alcune riflessioni. Innanzitutto ritengo che si stiano raccogliendo i frutti del lavoro svolto negli ultimi 15-20 anni, quando una serie di giocatori diventati poi coach ha iniziato a viaggiare, girare, confrontarsi con gli altri. Penso in primis a Riccardo Piatti e Alberto Castellani, due vite dedicate al tennis. Non va dimenticato che Castellani è stato il primo ad introdurre nel tennis la figura del mental training, poi adottata da tantissimi altri team. Ma la figura più emblematica del sacrificio che fa un coach che crede in un proprio allievo è quella di Vincenzo Santopadre, che ha investito 12 anni della propria vita, pagandosi viaggi senza alcuna garanzia e sottraendo tempo ai propri affetti, per portare avanti il lavoro per fare emergere Matteo Berrettini”.

Pistolesi sorride poi quando parla di un altro grande talento del tennis italiano, Yannik Sinner: “L’ho incontrato di recente e l’ho ringraziato. L’ho ringraziato perché mi ha sottratto dopo 33 anni il record di giocatore italiano più giovane ad aver vinto un torneo nel circuito maggiore Atp. Gli ho spiegato che grazie a lui mio padre mi aveva rivisto in televisione sui principali canali nazionali. Ci siamo fatti una risata e da allora siamo diventati amici. Anche la sua storia è emblematica: c’è dietro l’intuizione dei tecnici che hanno visto in un campione giovanile di sci, un potenziale talento del tennis, e insieme al ragazzo hanno lavorato fino ad arrivare ai risultati che tutti conosciamo”.

Il coach nato a Roma ma dal 2012 trasferitosi negli Usa cita altri esempi di importanti sinergie tra tennisti e coach: “Sonego e Arpino Caruso e Cannova, Musetti e Tarantini”. Poi sofferma la propria attenzione sull’organizzazione di tornei come la Vesuvio Cup: “Che contribuiscono ad aiutare gli atleti italiani nella loro crescita. Fino ad un certo livello, i nostri giocatori quasi possono giocare senza passaporto – scherza – visto che ad un’ora di auto o aereo possono trovare tanti tornei. Poi è ovvio, per arrivare a certi livelli occorre viaggiare, spostarsi, imparare nuove lingue, fare esperienze. Questo è il consiglio che posso dare ai giovani giocatori: bisogna uscire dalla ‘confort zone’ e girare per fare nuove conoscenze. Bisogna ringraziare gli organizzatori di questi tornei, anche i challenger. Loro ci rimettono tempo, soldi, cercano sponsor per avere il piacere di essere a capo di eventi come la Vesuvio Cup. Ma i ragazzi devono anche imparare che per completarsi devono fare esperienze all’estero. Ecco, se rimpiango qualcosa, è propria questa: avessi a disposizione la macchina del tempo, tornerei indietro per viaggiare di più già da giocatore”.


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