Ci sono modi diversi per arrivare alla vittoria. Danil Medvedev ha scelto la strada dell‘imprevedibilità tecnica e comportamentale. Mai due palle uguali all’altra. Mai una reazione uguale all’altra. Mai uno sbadiglio che non sia un atto di provocazione e non certo un segnale di noia. Con lui impossibile annoiarsi. È unico, anche nel repertorio tecnico. Ha la personalizzazione di uno stile con cui, sfruttando la leva del polso, può bleffare fino all’ultimo la direzione dei suoi colpi. Accelerazioni improvvise accompagnate da una mano morbidissima, capace di ipnotizzare ad esempio un giocatore forte, solido-ma un po’ prevedibile- come Ruud: dominato 6-4 6-2 in appena un’ora e 20′.
Disorientato il norvegese dalla creatività dei colpi del russo. La fantasia al potere di un tennista che sa unire il genio dei grandi del passato, da McEnroe a Mecir. Facendo rivivere colpi felpati, istinto, interpretazioni ad alto rischio ed emozioni in campo. Emozioni talmente forti da arrabbiarsi con il pubblico se il tifo pende troppo dalla parte del suo avversario. È accaduto a New York e ha concesso il bis qui a Torino. Magari si ripeterà anche in altri grandi stadi. Perché Medvedev è questo: non sa tenersi dentro le emozioni, le esterna, ha bisogno dello scontro per andare oltre il grigiore della normalità. Non gli importa se finisce nella black list dei bad boy. Lui vuole vincere, divertire e divertirsi. Anche a costo di scontrarsi con chi lo guarda. Un Panda, in via d’estinzione, da proteggere e maneggiare con cura: perché nel variopinto zoo del circuito è un esemplare raro. Meraviglioso da veder giocare. Il tennis ancora concepito sul filo del brivido: la palla corta, l’attacco in controtempo, l’accelerazione fulmina, l’assenza di regolarità conservativa da sbadiglio o, chiedere a Sinner, una seconda palla giocata a oltre 200 km all’ora per annullare uno dei due match-point.
È diabolico DaniIl. Ha il capello sconvolto e lo sguardo glaciale che Dario Argento avrebbe tratteggiato per far salire il terrore del serial killer di turno. Lo sguardo assassino per incenerire gli avversari: per spegnare il sogno Grande Slam di Djokovic a New York o per presentarsi qui a Torino in finale da vero defending Champions.
Impossibile resistere ai finali al thrilling dei suoi match. Impossibile perdere una finale come questa a Torino con in campo il più imprevedibile di tutti.
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