ROMA – “La vita non mi è cambiata quanto invece avrebbe potuto, perché o avuto la fortuna, o la sfortuna, di diventare campione del mondo nell’anno del Covid e mediaticamente non si è sentito come un anno normale. Quest’anno abbiamo un po’ recuperato la normalità, ma non del tutto. È chiaro che ho vissuto un aumento di fama importante, ma non impressionante. E questa cosa mi fa felice in qualche modo“. Joan Mir, intervistato da “Motorsport.com”, ha spiegato come sia cambiata solo di poco la sua vita dopo il titolo di MotoGp conquistato nel 2020. Fondamentale, in questo è stato l’avvento del Covid, che ha reso il campionato dello scorso anno ben diverso dagli altri, dall’inizio in piena estate alle gare senza spettatori, con meno tappe e senza Marc Marquez. Le conseguenze di un titolo in tempi di Covid, però, non dispiacciono troppo al pilota della Suzuki, che spesso si è mostrato una persona piuttosto riservata riguardo alla sfera privata.
“So che se vincerò ancora o continuerò altri anni al massimo livello, il riconoscimento aumenterà, ma più in termini di aumento di fan sulle tribune – ha aggiunto -. Lo scorso anno mi è dispiaciuto molto vincere il mondiale senza gente in circuito. È una cosa che mi porto dentro”. Un titolo sottostimato dall’ambiente? Mir risponde così: “Da parte di tutti sì, ma non da parte dei fan. È una cosa che assumerà valore con gli anni, ma non è stato dato valore al fatto che Suzuki abbia vinto un mondiale dopo venti anni. Vincendo non si assume valore, ma se lottiamo per vincere il secondo titolo, forse otterrò un riconoscimento maggiore”.
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