ROMA – “Mio padre? È stato lui a mettermi in questo mondo, era la sua passione. Mi ha costruito la mia prima moto a tre anni per la mia prima gara. Mio padre era come un sergente, una specie di Hitler, un allenatore di ginnastica cinese tipo o russo. Mio figlio? Farò di tutto affinché non diventi un pilota“. Jorge Lorenzo parla così di colui che lo ha cresciuto e indirizzato verso il motomondiale. Non è stata un’infanzia facile per lo spagnolo che ha sempre sottolineato la ‘grinta’ del padre prima che approdasse in top class. Un atteggiamento, che almeno ai fini della carriera di Lorenzo, ha pagato e non poco.
A causa della frattura della sesta vertebra dorsale rimediata nelle prove libere del Gp d’Olanda, Lorenzo non è stato in grado di tenere il passo dell’ex compagno di box Marc Marquez due anni fa: “Mi manca vincere, sono sempre stato molto competitivo, quello che mi piaceva era vincere più che andare in moto. Nel 2019 ho firmato per la Honda, è stato davvero emozionante, si parlava di Dream Team con Márquez, eravamo i due piloti che avevano vinto di più nell’ultimo decennio. La RC213V era una moto sorprendentemente complicata. Non ho resistito, anche se avevo ancora un anno di contratto“, chiosa ai microfoni del programma Espejo Público.
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