Intervista Esclusiva | Luigi Mazzola e la F1: “Il pilota più veloce che ho conosciuto? Nigel Mansell”

Ascoltare l’ingegner e neo testimonial emozionale Luigi Mazzola mentre affronta l’argomento F1 con la sua ricca miniera di aneddoti, episodi palpitanti (a proposito di emozioni) e chicche di ogni genere è una manna caduta dal cielo per ogni appassionato. Con lui resteresti a parlare per ore senza annoiarti mai, anzi con crescente interesse mano a mano che il racconto passa da un aspetto all’altro della sua vita vissuta al massimo nel grande Circus. Ventidue anni non solo in F1 ma in Ferrari contribuendo ai migliori successi di Maranello sono tantissima roba.

E lo è anche perché Mazzola, in questa sua epopea, è stato parte attiva di un periodo piuttosto lungo di questo sport caratterizzato da cambiamenti epocali. Da quando è entrato nel 1988 a quando ne è uscito, nel 2009, la massima formula è stata stravolta. È cambiato tutto con i tragici fatti del ’94 che ne hanno fornito la spinta decisiva, oltre all’influenza della normale evoluzione della storia dell’uomo da cui anche la F1 non ne è certo estranea. Prost, Mansell, Schumacher, Berger, Alesi, Barrichello, Irvine, Raikkonen, Massa. Ma quale è stato il pilota più veloce conosciuto dall’ingegnere?

Lui non ha dubbi: “Mansell! Il pilota inglese era un animale di guida, aveva la velocità nel sangue con capacità anche superiori a quelle di Senna, Prost e di Schumacher. Usava un volante piccolo e nelle curve veloci era imprendibile. Il suo limite era la scarsa volontà di stare insieme agli ingegneri per assettarsi la macchina e di dedicarsi alla forma fisica. Se si fosse preso cura anche di questi due aspetti non l’avrebbe battuto nessuno. Pagava mezzo secondo di gap rispetto a Prost solo di peso. Mi ricordo che una volta nei vecchi box di Silverstone, che erano piuttosto stretti, fece una serie di “otto” con la F40 per tutta la lunghezza della pitlane senza urtare mai le barriere. Fenomenale!”.

Lei ha lavorato con grandissimi campioni in F1. Al di là della velocità pura, qual è quello che l’ha impressionato di più e perché?
“Sicuramente Alain Prost. Ho iniziato in Ferrari da giovane e inesperto ingegnere neolaureato e mi sono trovato a lavorare con il tre volte campione del mondo. Di lui mi ha impressionato la capacità di capire l’incidenza sulla macchina di gomme, aerodinamica, meccanica e motore. Ciò dà estrema consapevolezza all’ingegnere. Mi ha insegnato come si comporta l’aerodinamica in F1 e sono stato un privilegiato perché non tutti gli ingegneri hanno avuto questa opportunità. Sapeva mettersi a posto la macchina come nessun altro ed era il migliore nella gestione delle gomme. Neppure Senna lo eguagliava in questo ambito e il brasiliano veniva da me a chiedermi che tipo di pneumatici avrebbe montato Alain.

Con il francese stavamo ore e ore per decidere le regolazioni e poi, alla fine, ciascuno di noi scriveva il suo assetto migliore e lo confrontavamo. Ciò che era comune andava in macchina, quello che era diverso lo sperimentavamo. L’altro pilota di riferimento per me è stato Schumacher, che aveva la dote di adattare lo stile di guida alla macchina e riusciva a fare il miglior tempo al primo giro capendo subito a che livello era la vettura. Credo che su questo piano Senna era un pelo avanti a Michael, il quale però aveva la dedizione totale a questo sport come Prost. Schumacher aveva una grande serietà, professionalità e riusciva ad essere subito pronto fisicamente e mentalmente all’evento. Andava al limite più di Prost e un po’ meno di Senna, che erano i masters assoluti rispettivamente in merito a razionalità e istinto. Michael lavorava molto di testa sulla macchina, in questo caso più di Senna ma meno di Prost, per trovare il miglior assetto”.

Bellissimo questo confronto autentico ed estremamente analitico tra i tre campionissimi, Senna, Prost e Schumacher, con gli ultimi due conosciuti a strettissimo contatto da Luigi Mazzola.

Quale è stata l’alchimia vincente dei successi Ferrari nella fase 1999-2008 e crede che oggi il team abbia tutte le carte in regola per riconquistare il tetto del mondo in F1?
“All’epoca c’era un gioco di squadra fantastico, eravamo l’uno per l’altro, lavoravamo insieme per vincere tutti e non per far vedere quanto eravamo bravi singolarmente, grazie soprattutto al lavoro di Ross Brawn. Lo spirito di squadra sta nella cooperazione interna per avere competizione esterna. Sulla Ferrari di oggi non posso rispondere in quanto, tranne Mattia Binotto, non conosco nessuno”.
In tema di cambiamenti qual è stata, invece, la maggiore differenza che ha rilevato tra la Ferrari del suo arrivo targata 1988 e la Ferrari del 2009, anno in cui ha lasciato la scuderia?
“Tanti anni fa c’era tanta responsabilità per ogni persona essendoci molte più cose da fare. Poi è subentrata la specializzazione. Negli anni Novanta circolavano meno soldi, persone e tecnologie e c’era anche maggiore divertimento, si viveva insieme agli altri team, ci si conosceva tutti mentre nel tempo si è sviluppato un crescente isolamento. Sostanzialmente si è perso l’aspetto umano con il passare degli anni”.

E poi la febbre della passione sale a mille quando l’ingegner Mazzola ci racconta appassionanti e inedite chicche del suo periodo in Ferrari, qualcuna anche legata alla professione che avrebbe esercitato nell’allora futuro e attuale presente della sua vita:
“Ricordo il primo test fatto insieme a Kimi Raikkonen in Bahrain nel 2007 quando ero a capo della squadra test con il pilota finlandese che era più lento di Massa e si trovava in un ambiente nuovo. Non aveva una forte relazione con gli ingegneri e lo vedevo seduto nel box, triste e solo. Mi avvicinai e feci il coach per farlo entrare in uno stato positivo e portarlo al massimo della performance. Lui era abbastanza schivo ma piano piano ho cambiato il suo approccio dandogli una condizione migliore sia psicologica che tecnica. Così è risalito in macchina ed è ripartito alla grande. Un altro episodio speciale si è verificato una volta in griglia di partenza poco prima del via quando ho allungato al volo la settima marcia perché era cambiato il vento, divenuto a favore, e avremmo beccato il limitatore a metà rettilineo”.

Nell’album dei ricordi ritorna ancora centrale la figura di Alain Prost, pilota che per Mazzola ha rappresentato un’icona e con il quale ha instaurato un rapporto professionale speciale. Bellissime e avvincenti, in particolare, le complicità con il campione francese per apportare in extremis modifiche alla macchina affinché nessuno potesse vederle, Mansell per primo.

“Al Gp del Messico del ’90 – racconta ancora il performance coach – Mansell partiva 5° mentre Prost solo 13° ma Alain sapeva che avrebbe vinto come infatti fu e nella fiche di montaggio della vettura ci aveva scritto ‘prima posizione’ dopo il warm up. Questo gesto emozionò tutti perché se dichiari di arrivare primo nonostante una partenza così arretrata fai dare il massimo a tutta la squadra. Per riuscire a vincere sapeva che doveva battere Mansell andando più veloce in rettilineo e allora fece scaricare le ali negli ultimi 3 minuti in modo tale che l’inglese non se ne sarebbe accorto. Per non parlare di Barcellona 1991 quando con una leggera pioggerellina, tutti con le rain, provammo un determinato tipo di gomma slick suggerita da un uomo della Goodyear. Prost va in pista sotto la pioggia con queste coperture che forniscono buoni riscontri ma Alain, evitando intelligentemente di scoprire troppo le carte, non mostra l’intero tempo sul giro bensì realizza solo alcuni settori veloci. Torna ai box, dice che le gomme non sono buone ma nello stesso tempo mi fa un furbo occhiolino facendo capire che invece sono più performanti. Poi non abbiamo avuto il coraggio di farlo partire così, scegliendo una soluzione più convenzionale altrimenti avremmo vinto il Gp, anche perché venivamo dal disastro di Imola che non si poteva ripetere”.

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/ZX3AmttU4Nc/intervista-esclusiva-luigi-mazzola-e-la-f1-il-pilota-piu-veloce-che-ho-conosciuto-nigel-mansell.php

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