La prima edizione del GP dell’Arabia Saudita è già storia della Formula 1. Il Jeddah Corniche Circuit ha disegnato una classifica Piloti a dir poco palpitante: Max Verstappen e Lewis Hamilton, infatti, si presenteranno in quel di Yas Marina appaiati: 369,50 punti per entrambi.
Quanto accaduto in Arabia Saudita sta sollevando un vespaio di polemiche. Cerchiamo, a bocce ferme, di fare chiarezza.
Come diciamo dall’inizio della stagione, il Mondiale di F1 2021 è un film tutt’altro che banale e scontato, il cui finale verrà scritto e sceneggiato solo al calar della bandiera a scacchi in occasione del GP di Abu Dhabi.
Ricorderemo questo campionato come eccezionale e trepidante. Lo racconteremo a figli e nipoti. Lo rimpiangeremo. A distanza di molti anni, le nuove e le future generazioni guarderanno al Mondiale 2021 come noi, ancora oggi, guardiamo con nostalgia ai duelli all’arma bianca — non privi di polemiche e recriminazioni — tra Ayrton Senna ed Alain Prost, tra Damon Hill e Michael Schumacher, tra Jacques Villeneuve e Michael Schumacher.
Chi afferma, all’indomani dei fatti di Jeddah, che “questa-non-è-F1” ha, evidentemente, la memoria corta.
Diciamolo francamente: quanto accaduto sull’asfalto saudita costituisce solo l’ultimo capitolo del grande libro della Formula 1. Nel bene e nel male, le contraddizioni, le controversie, le errate decisioni fanno parte del gioco.
Così come fanno parte del gioco le manovre dure ma entro i limiti, le manovre realmente al limite e quelle oltre i limiti, così come astuzie e malizie che solo i grandi campioni sanno sfoderare se e quando necessario.
Invero, il dato reale attorno al quale occorre fare alcune considerazioni è il seguente: l’eccessiva “moviolizzazione” e l’iper-controllo delle gare di F1.
Parliamo di un fenomeno tipico delle corse contemporanee, dalla F1 alle altre categorie. Ogni manovra, ogni staccata, ogni frenata, ogni sorpasso, ogni duello è messo sotto la lente d’ingrandimento dei commissari. Mai come in questi anni, infatti, assistiamo ad una overdose di penalità per episodi che, in passato, sarebbero stati considerati ed archiviati come semplici incidenti di gara. Episodi, in passato, nemmeno valutati dai commissari!
I piloti, ormai, conoscono bene questo perverso meccanismo e cercano di sfruttarlo a proprio vantaggio.
Ed ecco che, ad ogni manovra che non sia un banale sorpasso con DRS, i piloti iniziano a lamentarsi via radio. Una strategia — ahinoi — tristemente consolidata tra i professionisti del volante. Scopo ovvio delle lamentele è richiamare l’attenzione della direzione gara.
Sono anzitutto i piloti, pertanto, ad invocare sanzioni e penalità contro il “cattivone” di turno.
È in atto un circolo vizioso: i piloti pretendono sanzioni, direzione gara e commissari comminano penalità sovente affrettate e severe, i piloti si lamentano delle penalità loro inflitte. Non se ne esce. Che fare?
Una via d’uscita forse ci sarebbe: allentare le maglie della “moviola”. L’iper-controllo delle gare e delle azioni dei piloti, infatti, non ha responsabilizzato i piloti. Anzi, è accaduto l’esatto contrario! La sovrabbondanza di regole e regolette ha prodotto, alimentato e amplificato le controversie in gara.
È il fallimento certificato della contraddittoria F1 dei “track limits“, delle enormi vie di fuga in asfalto che consentono tagli e sempre più garibaldine staccate, del “dover-lasciare-spazio-all’avversario”, della voglia di “show” e “duelli” sopita, però, dalle incalzanti e immancabili sanzioni al minimo contatto. Oggi, è sufficiente arrivare lungo ad una curva o allargare maliziosamente la traiettoria per rischiare sanzioni.
Da Charlie Whiting (oggi invocato, ieri detestato) a Michael Masi, il canovaccio è sempre il medesimo. Da Jean-Marie Balestre a Jean Todt, passando per Max Mosley: cambiano i Presidenti FIA, cambiano i protagonisti e le dinamiche in pista, ma le polemiche che attanagliano la F1 non mutano forma.
Paradossalmente, proprio nell’era della iper-moviolizzazione dei GP e dei regolamenti sportivi tanto corposi quanto cavillosi, FIA, direzione gara, commissari, piloti e Team hanno perso il controllo. Tutti — nessuno escluso — sono invischiati nel brodo regolamentare da essi stessi cucinato.
Se a questa iper-regolamentazione ci aggiungiamo anche farse come quella andata in scena in quel di Spa-Francorchamps, la proverbiale frittatona è pronta, servita e digerita.
La tensione è alle stelle. FIA, direzione gara, piloti e Team sono vittime e carnefici di quel sistema da essi stessi prodotto in questi anni. Un sistema ipertrofico in cui il buonsenso ed il sano “it’s racing” hanno lasciato il posto a regolamenti sportivi tanto elefantiaci quanto contraddittori.
In questo senso, il tamponamento di Hamilton ai danni di Verstappen rappresenta la sublimazione di quanto sinora affermato. Una posizione da restituire, un vistoso rallentamento atto sì a favorire la restituzione della posizione ma anche a giocare d’astuzia, un Hamilton, al contempo, restio a sopravanzare l’avversario così da non dargli modo di sfruttare il DRS in ripartenza, un Hamilton che — anziché attendere o farsi largo velocemente — rallenta furbescamente sino ad accodarsi alla Red Bull di Verstappen. È il patatrac, in pista e in direzione gara.
E anziché lasciar correre, consapevole del fatto che entrambi i contendenti hanno mosso i propri pezzi in questa partita a scacchi, la direzione gara ha deciso di sanzionare il pilota “orange”. Danni su danni.
Inoltre, è in atto uno scontro tra due “modelli” di piloti e di persone. Da una parte Hamilton, dall’altra Verstappen. Diversi in tutto, amati e detestati come mai accaduto in precedenza, differenti nei modi di intendere le corse, lo sport, la vita, la società, la vita privata, la celebrità. Un incrocio tra Greta Thumberg, Obama, un rapper ed un divo hollywoodiano ormai prestato alla pista il primo, un pilota quasi d’altri tempi il secondo.
Solo l’arroganza, il talento alla guida e la voglia di primeggiare sempre e comunque li accomunano.
La sfida Verstappen vs Hamilton racchiude anche lo scontro tra Toto Wolff e Christian Horner: plateale e teatrante nelle esternazioni il primo, silenzioso ma non meno pungente il secondo. Infine, in questo quadro, si inserisce la esaltante sfida tra Mercedes e Red Bull-Honda, la quale vede fronteggiarsi due colossi — quello tedesco e quello giapponese — e differenti modi di interpretare le attuali vetture di F1.
A fare da arbitro, Michael Masi e la “VAR room”.
Abu Dhabi scriverà l’epilogo di queste sfide. Hamilton e Verstappen non hanno lesinato colpi bassi e manovre maschie. Tutti si attendono una corsa “regolare”, pulita. Forse.
La sensazione, tuttavia, è un’altra: Silverstone, Monza, Jeddah sono stati solo antipasti.
Voleranno pesci in faccia o assisteremo a sportive strette di mano? Vada come vada, signori, questa è Storia.
Fonte: https://www.circusf1.com/2021/12/formula-1-max-vs-lewis-atto-finale.php
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