CHIUDUNO (Bergamo) – Ieri mattina, nella chiesa parrocchiale di Chiuduno, centro in provincia di Bergamo fra la pianura e la Valcalepio, una folla commossa ha dato l’ultimo saluto a Dante Signorelli, straordinario imprenditore bergamasco, presidente dell’Alpe Sav Bergamo che nell’83 conquistò la storica promozione in A1 di basket. Signorelli aveva 87 anni, si è spento martedì scorso, stroncato da un infarto. E’ stato il fondatore e il presidente della Refrattari Misano, azienda con sede a Misano Gera d’Adda, nel Bergamasco, affermatasi a livello internazionale nella produzione di refrattari per le industrie siderurgiche.
Prima di lui e dopo di lui, mai il basket bergamasco ha avuto una squadra nel massimo campionato. Per la pallacanestro orobica, per l’Alpe Sav, già Giovinetti (dove Alpe sta per l’acronimo Associazione Luigi Palazzolo Escursionisti), Dante Signorelli è stato l’uomo dei sogni che i sogni ha realizzato. In due anni, ‘82 e ‘83, dalla B alla A2 e dalla A2 alla A1. In panchina, Carlo Recalcati che, in morte del presidente galantuomo, ha ricordato commosso: «Avevo deciso di ritirarmi dall’attività agonistica dopo l’ultima stagione giocata a Parma. Pensavo di fare esclusivamente l’assicuratore a Cantù, ma Signorelli mi convinse a diventare allenatore a Bergamo. Mi cambiò la vita». Così è stato: dopo Bergamo, tre scudetti con tre squadre diverse (Varese, Fortitudo, Siena); una Supercoppa italiana (Siena); con la Nazionale l’argento olimpico di Atene 2004 preceduto dal bronzo agli Europei di Svezia 2003 e prima dell’oro ai Giochi del Mediterraneo 2005. Del resto, che sapesse scegliere le persone giuste al momento giusto nel posto giusto, Dante l’ha dimostrato sempre. Nella vita: straordinaria la sua storia d’amore vissuta per sessantotto anni con Luisa, sua moglie, il suo angelo, l’altra metà del suo cielo; nell’imprenditoria, che l’ha visto passare da un successo all’altro, onorando il coraggio e la cultura del lavoro della sua terra; nel basket, quando, in A1, a disposizione di Recalcati mise Chuck Jura, Kupec, Cappelletti, Rota, Moraschini, Belotti che rafforzarono il gruppo della promozione, i cui membri L’Eco di Bergamo ha ricordato a uno a uno: da Blasizza, vice di Recalcati, a Giommi, Meneghel, Lucarelli, Bratovich, Poletti, Valoncini, Gatti, Natalini, Brescianini, Carera, Guerini e Alfredo Signorelli, figlio di Dante come Stefano, l’uno e l’altro oggi manager affermati nelle rispettive professioni. Il giornalista Arturo Zambaldo, che del basket è un’autentica enciclopedia, nel tempo più esaltante dell’Alpe per Dante superlativizzò in modo assoluto il sostantivo presidente: Signorelli divenne il Presidentissimo. Appellativo azzeccato, sia detto con rispetto per la Crusca. Dante, un innamorato della vita e dello sport: aveva 87 anni, ma ne dimostrava venti di meno; un uomo forte e generoso, capace di coinvolgere nella sua passione per il basket anche Giacinto Facchetti e Ivan Ruggeri, vicepresidenti dell’Alpe d’oro, due fra i suoi più grandi amici. Giacinto che, durante il mondiale 2006 stava già male, ma, accanto a sé, a seguire in tv le partite dell’Italia mondiale, aveva sempre Dante e Ivan, a lui vicini sino all’ultimo. Ivan, sanguigno, indimenticabile presidente dell’Atalanta, colpito da emorragia cerebrale il 16 gennaio 2008 e per cinque anni costretto a vivere in uno stato vegetativo, prima di spegnersi il 6 aprile 2013. Il terzo amico è Adelio Moro, calciatore di classe nell’Atalanta e nell’Inter, bandiera dell’Ascoli, rigorista infallibile in Serie A (dieci su dieci) e poi, per oltre vent’anni, invidiato e invidiabile scopritore di talenti per i nerazzurri di Milano, nel cuore di Dante, dei suoi figli e dei suoi nipoti. Adelio che ieri, in lacrime, era al funerale di Dante insieme con Gianfelice, il figlio di Giacinto. Ha scritto Sant’Agostino: «La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto». Dante, Giacinto, Ivan sono lì.
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