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In queste settimane convulse piene di preoccupazioni e indicazioni “provvisorie”, abbiamo trascorso momenti difficili. Fin dall’inizio la cosa più semplice è apparsa quella di fermare tutto, come d’altronde abbiamo già fatto settimana scorsa con i corsi dei più piccini.
Ma alla Folgore c’è una squadra di serie B che è molto più di una team: è un’azienda, e per alcuni suoi tesserati è letteralmente una famiglia. Quindi oltre a fermarci (cosa che domenica avevamo comunicato a tutti anticipando i decreti) ci siamo sentiti in obbligo di dare messaggi non solo in qualità di dirigenti sportivi, ma anche con l’etica di “veri e propri datori di lavoro” e soprattutto mettendo in essere misure ancora più forti, volte a far sentire a casa propria atleti che sono e saranno ancor più costretti a vivere lontani dai propri affetti. Noi abbiamo atleti che provengono da altre Regioni (tra cui la Lombardia), contiamo su un brasiliano, oltre ad avere “fratelli” dei quali preoccuparci prima di dare un messaggio.
Nell’ottica di dare loro contestualmente anche una direzione, una prospettiva, una rassicurazione, anche laddove queste ultime non provengano dalle disposizioni federali o ancor peggio Nazionali. Non si abbassano le saracinesche delle aziende a tempo indeterminato, dicendo il “lavoro è sospeso”.
Un buon datore di lavoro non lo fa. E tra questi ragazzi, incluso lo staff tecnico, la metà almeno vive di volley. A loro io personalmente avevo il dovere morale di dare molto più di una comunicazione sbrigativa e provvisoria. Come tutte le “cose di spogliatoio” certe comunicazioni restano riservate ma giocatori e staff sanno che la Folgore, nella mia persona in questo caso, ha dato molto più di un messaggio e continuerà a seguire questa drammatica situazione con la determinazione e la sensibilità di chi ha a cuore la salute di tutti i suoi tesserati, ma anche il “lavoro” di chi ha speso sei mesi al nostro servizio ed oggi non sa se e quando potrà riprendere a lavorare.
È un’emergenza. Sono certo che il nostro Paese ripartirà. Sono sicuro che la Penisola Sorrentina, con la sua bellezza unica al mondo ed i suoi imprenditori tenaci, pagherà un conto salato per questa stagione ma si rialzerà con la stessa forza che ha guidato le crescite esponenziali degli ultimi decenni. Il mio augurio personale è che lo sport agonistico riesca a rialzarsi con la stessa forza perché le “aziende sportive” vivono sì di volontariato ma soprattutto di mecenatismo, ed in momenti di crisi ed emergenza purtroppo rischiano di pagarne più a lungo le conseguenze.
Ora la missione più importante è quella di uscire dall’emergenza e per farlo dobbiamo seguire in modo rigoroso ed esemplare le regole e le raccomandazioni che le istituzioni hanno emanato”.
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