PARIGI – Sarà un venerdì intenso, al Roland Garros per l’Italia. Stefano Travaglia che sfida Nadal, Marco Cecchinato invece Alexander Zverev. E poi Jannik Sinner contro Coria e Lorenzo Sonego contro Fritz. Per non parlare di Martina Trevisan e il suo match con la greca Sakkari. Ma sono i maschi al centro del palcoscenico e, a prescindere da come andrà oggi (c’è anche Berrettini domani, contro il tedesco Altmeier) cinque tennisti italiani ai sedicesimi del Roland Garros non si vedevano dal 1955. All’epoca furono Merlo, Fachini, Jacobini, Pietrangeli e Sirola. Erano altri tempi e il tennis non era universale come adesso. Questo risultato vale nettamente di più. Basti pensare che le nazioni rappresentate al 3° turno del torneo maschile vedono Italia e Spagna al top, con cinque tennisti. Solo dopo, con due presenze, Argentina, Usa, Germania e Russia.In attesa di Musetti e NardiE allora? Cosa succede? Rinascita del tennis? È stato detto, in effetti, di tutto sugli enfant prodige Sinner e Musetti (che non è a Parigi per ragioni di ranking), e gli esperti si spendono anche sul nome di Nardi, che sarebbe ancora più talentuoso. Casi che stravolgono la famosa tesi dei giovani italiani mammoni. In realtà c’è ancora chi lo sostiene, che il legame viscerale che ogni ragazzo ha con la propria famiglia è ben più marcato che in altri paesi e che questo rallenta drasticamente il processo di crescita e di indipendenza dell’atleta. Questa mancanza di autonomia si riflette poi anche in campo, dove si è completamente soli ad affrontare i “problemi”. Non è un caso che i talenti più precoci vengono spesso da Paesi dell’est, dove c’è un cultura opposta alla nostra. Non solo: anche altri fattori, come il sistema scolastico (che per nulla agevola l’attività sportiva) o anche l’organizzazione e la frequenza dei tornei giovanili, incidono negativamente.L’effetto Rianna-VolandriSe tutto questo è vero, allora perché abbiamo i migliori giovani del mondo? Un caso? Ci sono delle ragioni tecniche, che hanno avuto bisogno di anni per essere sistemate. In passato non c’era grande collaborazione tra la Federtennis e i team privati. Soprattutto da quando, però, è arrivato Umberto Rianna al progetto federale per gli Under 18 è cominciata l’inversione di tendenza. Lo stesso Rianna, accompagnato da Filippo Volandri, è entrato nei team privati come rappresentante federale con Berrettini, con Sonego e anche altri ragazzi più giovani. La Fit di Binaghi ha aumentato gli investimenti nel settore tecnico: nel 2016 sono aumentati del 14% rispetto al 2015, nel 2017 del 5% rispetto al 2016 e nel 2018 del 4% rispetto al 2017. Ancora, l’aumento di tornei minori come i Challenger, organizzati in Italia, ha potuto consentire a molti ragazzi di poter competere senza dover affrontare spese per andare all’estero. Infine i coach: migliorati, e consapevoli di essere anche educatori e non solo tecnici sportivi. Tutti questi fattori, insieme, hanno contribuito all’attuale momento.Italia punto di riferimentoL’Italia è diventata un punto di riferimento anche per gli stranieri, basti vedere come i tecnici degli altri paesi si pongono con i nostri: rispetto e deferenza, atteggiamenti mai visti nel recente passato. Queste premesse non garantiscono successi Slam e Masters 1000 a gogo, ma restano la base per sperarlo.
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