Dal Corriere della Sera pubblichiamo parte dell’intervista realizzata a Riccardo Piatti.
Riccardo perché Sinner debutterà lunedì al challenger di Canberra e non all’Atp 250 di Doha, dove avrebbe ottenuto una wild card?
«Ci ho riflettuto: preferisco che Jannik abbia tutto il tempo per abituarsi al caldo e al fuso orario. È la sua prima volta in Australia: voglio che se la goda. Ci sono enormi aspettative, guai ad avere fretta».
Su cosa avete lavorato a Bordighera prima della lunga trasferta?
«Sul dritto: a volte si fa trovare con la palla troppo addosso, serve maggiore distanza. Sul servizio: senza, non si va da nessuna parte. Su tutte le azioni di avvicinamento alla rete: al volo ha enorme margine di crescita. E poi sul fisico, con Dalibor Sirola: tre ore in campo e tre in palestra per un blocco di 28-29 giorni di lavoro. Quantità con qualità».
Al Piatti Tennis Center avete avuto piacevoli visite.
«Jannik si è allenato con Wawrinka, Goffin, Ramos, Dimitrov e Aliassime. Tutta gente che gli sta davanti nel ranking. Lo scopo era verificare quanto siamo distanti da loro, tenendo in mente i punti cardine: cambiare angoli col servizio, giocare lunga la risposta, spingere sempre, costruirsi il punto, rimanere ordinato».
Come ha reagito l’allievo?
«Ogni volta Jannik si è esaltato davanti all’avversario e ha alzato il ritmo. Allenarsi bene dalla prima all’ultima palla è una sua dote naturale. È molto attento ed esigente con se stesso e con gli altri».
Le sciate natalizie a Sesto Pusteria le ha autorizzate lei?
«Ho insistito perché a Natale tornasse dai suoi: a casa deve fare le cose che gli piacciono. Ha il dono di essere normale: Jannik si ricarica nella natura, tra le sue montagne. Le radici saranno la sua medicina per tutta la carriera. L’ho visto sotto stress solo quando preparava l’esame pratico per la patente! Presa».
L’obiettivo del 2020?
«Io ragiono sul biennio: deve giocare 150 match importanti, 70 circa a stagione, passando da sconfitte cocenti e momenti brutti, che saranno più importanti di quelli belli. Se perderà al primo turno resterà lì ad allenarsi, guardando gli altri vincere. Solo soffrendo si migliora».
L’esempio della Sharapova gli sarà d’aiuto.
«Maria mi ha chiesto di aiutarla a vincere un altro Slam a 33 anni e con un problema serio alla spalla. È la più grande lavoratrice che abbia mai allenato, uomini inclusi. Anche stanca, sa giocare con qualità. E ha molto in comune con Jannik: entrambi sono molto competitivi, esigentissimi, con il tennis come priorità assoluta».
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