Leclerc, Fognini e quegli sfoghi da bar: quando il campione è ostaggio della frustrazione

Mentre si disquisisce sulla traduzione corretta del “come on, putain de sa race” di Charles Leclerc con interpretazioni che vanno dal gergale “Andiamo, che gara del ca***” fino all’apocalittico “Maledetto tu e tutta la tua stirpe”;  vien qui da chiedersi se oltre il pettegolezzo e il finto stupore delle belle gioie queste imprecazioni rubate – via radio nel caso del pilota – e poi centrifugate dai social non ci aiutino invece ad avere più chiaro (e quindi a comprendere) il tormento che agita il campione quando è ostaggio della frustrazione e non gli resta che maledire qualcuno, qualcosa, il fato avverso, il mondo che va storto, la piaga delle locuste, la Ferrari più sgangherata degli ultimi decenni.La gaffe di AlonsoL’imprecazione di Leclerc non assume il contorno di ira funesta solo perché non c’è epica attorno, ma fallimento e desolazione. Non è odio, bensì stizza, lo stesso veleno che animava il collega Fernando Alonso quando qualche anno fa commentava in team radio le prestazioni del motore Honda. Parlando in corsa con l’ingegnere della McLaren lo definiva “Gp engine” e “imbarazzante”, fino al famoso “non ho mai corso con così poca potenza in tutta la mia vita”. Pure in Ferrari Alonso – nel 2013 – venne colto con le mani nella marmellata e l’audio privato diventò pubblico. Prove libere di Monza, diverbio con il muretto, problemi con Felipe Massa. La frase: “Quindi c’era da lasciarlo passare. Siete dei scemi. Mamma mia ragazzi”. Imbarazzo in Ferrari, “dei scemi” fatto passare per “dei geni”, ma insomma, la gaffe resta.La scenata di FogniniEppure parliamo di sfoghi certamente più sobri rispetto alla scenata da cartone animato di Fabio Fognini un anno fa, campo 14, periferia di Wimbledon. “Ma è giusto giocare qua? Maledetti inglesi… Scoppiasse una bomba su sto circolo, una bomba deve scoppiare!”. Self-control, anche no. Riprese rubate dal telefonino di un giornalista, poi mandate in rete con i sottotitoli in inglese. Shit-storm, ma Fognini direbbe tempesta di mer**. Ci fu uno che postò una foto dell’All England Club devastato dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale; giusto per far capire a Fognini che forse era meglio evitare il riferimento. Il problema – quando spunta il sonoro – è che per evitare figure barbine, bisognerebbe usare un po’ di ironia. La usò Seb Vettel al Gp di Sochi, settembre 2019. Sta per vincere, al 28° giro la Ferrari ha un problema, gara finita. Sarcastico il pilota via radio, quando si rivolge ai box: “”Ridatemi il f*****o V12”. Ora, dovete sapere che il V12 era un motore usato dalla Ferrari negli anni ’90. Ancora l’insospettabile Vettel durante la Q2 di un Gp di Monaco: “The car is jumping like a Rabbit.”. La macchina sta saltando come un coniglio, appunto.Maradona re ferito, Baggio contro SacchiBen diverso il titanico furore contenuto nel celebre “Hijos de puta” sputato da Maradona in faccia agli italiani che stavano fischiando l’inno argentino, la notte della finale di Italia 90 all’Olimpico. El PIbe ostentava una posa tracagnotta e superba ma era un re ferito, senza corona e senza scorta (giocare con a fianco Basualdo e Serrizuela era già una resa). Livido nel suo dolore lo sibilò due volte, scandendo bene le parole. E quel “Hijos de puta” riecheggiò in  mondovisione. Allo stesso modo dell’esclamazione di sincera sorpresa – “Ma questo è matto” – del labiale rubato con cui Roby Baggio commentò la decisione di Sacchi di sostituirlo al Mondiale di Usa ’94 contro la Norvegia. Era stato espulso Pagliuca, serviva un portiere, andava tolto un azzurro. Sdraiati sul divano pensammo tutti la stessa cosa. Ma Sacchi non era matto, ragionava da allenatore. A proposito di liti giocatori-allenatori: se il “vaffa” con la mano di Chinaglia a Valcareggi (Mondiali 1974) è materia per educande, si udì nitido il “Questo è per te stron**” con cui Ravanelli – novembre 1994 – si rivolse a Lippi dopo un gol all’Euganeo di Padova.La rabbia di McEnroeC’era ancora la cortina di ferro quando John McEnroe – “Superbrat” come lo chiamavano gli inglesi, la “Superpeste” – urlò un “te ne pentirai di avermi colpito, fot….comunista” al collega cecoslovacco che involontariamente gli aveva scagliato addosso la pallina; e chissà quale rabbia lo colse quando nel 1984 – al 250 di Stoccolma – ebbe una crisi di nervi inveendo contro il giudice di sedia: “Answer my question. The question, jerk!”. Letteralmente: “Rispondi alla mia domanda. La domanda, cretino!”. In fondo però ci sono anche imprecazioni fraterne, usate a mo’ di stimolo. Come quelle che Kobe Bryant – uno che ridendo ammise di offendere gli avversari in quattro-cinque lingue, nella NBA si chiama trash-talking – rivolse al compagno dei Lakers, Sasha Vujacic, in gara 3 contro i Boston, nel giugno 2010. Vujacic ai liberi, l’urlo di Kobe alle sue spalle. “Se vuoi averlo devi segnare caz**! Stron**!”. Ma detto con tutto l’affetto di questo mondo.


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