Subiaco, tra monasteri e un'immersione nella natura

Da Roma, magari per sfuggire al caos metropolitano, è consigliabile partire diretti verso la provincia della Capitale, precisamente a Subiaco, per ritrovarsi così nella strada per Jenne – la cosiddetta “via dei Monasteri” -, che conduce a due splendidi complessi benedettini, uno dei quali, il Sacro Speco, si erge in posizione suggestiva sulla sottostante valle dell’Aniene. Secondo la tradizione, all’interno della valle Sublacense, San Benedetto fondò 12 cenobi, e lui stesso si spostò a vivere in meditazione nei pressi di un’antica villa romana appartenuta a Nerone. È in quest’area che sono sorti quelli, che oggi, conosciamo come Monastero di Santa Scolastica (il primo cenobio benedettino al mondo) e Sacro Speco di San Benedetto.

Fondato nel 520 d.C., il monastero di Santa Scolastica, posto a 510 metri d’altezza, è il primo che si incontra lungo la strada, arrivando da Subiaco. La sua struttura si compone di edifici risalenti ad epoche diverse. La chiesa che si può ammirare oggi è del 1700, ed è l’ultima di cinque strutture stratificatesi nel tempo l’una sull’altra. Dall’ingresso del monastero, su cui campeggia l’immancabile “Ora et Labora”, si accede al primo dei tre chiostri, quello Rinascimentale del XVI secolo. Da qui è possibile passare al secondo, quello gotico, del XIV secolo; e infine, a seguire, al terzo, detto “Chiostro Cosmatesco”, il più antico di tutti, che risale al XIII secolo. Molto interessante è la biblioteca, con una collezione di incunaboli e libri di grande valore, la cui ricchezza è dovuta anche all’ingegno di due frati tedeschi, Pannartz e Sweynheym, che nel 1465 realizzarono nel monastero quella che a tutti gli effetti è stata la prima tipografia italiana.

Terminata la visita di Santa Scolastica, si prosegue lungo una strada tortuosa, fino alla deviazione per il Sacro Speco attraverso un percorso che si arrampica in salita. Il primo colpo d’occhio sul monastero, definito da Pio II “nido di rondini”, e considerato uno dei più belli d’Italia, lascia letteralmente senza fiato. Arroccato alla nuda roccia, in posizione dominante sulla valle, sorge nel luogo dove, all’interno di una grotta, San Benedetto si ritirò in solitudine e in preghiera per tre lunghi anni. Difficile descrivere la magia che pervade questo luogo sin dalla salita che si intraprende verso il monastero, all’ombra di lecci secolari, dopo aver passato il primo portale. La leggenda vuole che gli alberi abbiano assunto l’attuale forma inclinata, al passaggio del santo, alla ricerca di un luogo isolato in cui vivere da eremita. La struttura originaria risale al secolo XI, ma in quelli successivi diverse furono le modifiche e aggiunte, fino a raggiungere lo stato attuale: un articolato susseguirsi di sale, volte, grotte e ambienti di servizio, su più livelli, collegati da scale e cunicoli scavati nella roccia. Il complesso principale comprende due chiese sovrapposte, la Chiesa Superiore e la Chiesa Inferiore, e un affascinante sistema di grotte e di cappelle interamente (e magnificamente) affrescate.
Dalla Chiesa Superiore si accede poi al cosiddetto “Cortile dei Corvi”. La sua storia è legata alla vicenda narrata da San Gregorio Magno, del corvo che portò via un boccone di pane avvelenato, offerto da prete Fiorenzo a San Benedetto, nel tentativo di ucciderlo. E fino a non molto tempo fa, in ricordo di questo episodio, nel cortile sono stati amorevolmente allevati corvi in gesto di gratitudine.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/motori

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