Un mito della musica italiana vittima di un tragico destino. Era la mattina del 3 febbraio 1960 (il giorno in cui usciva nei cinema “La Dolce Vita” di Fellini) quando in un incrocio stradale del quartiere Parioli a Roma, la Thunderbird guidata dal cantante Fred Buscaglione si scontrò con un autocarro Esatau, carico di porfido. L’impatto per Buscaglione fu fatale. Inutili i soccorsi con il conducente del camion, il 24enne Bruno Ferretti, e un metronotte che caricarono il cantante su un autobus di passaggio per il trasporto in ospedale dove il cantante giunse privo di vita.
Poco prima di morire, Buscaglione aveva tenuto un concerto in Via Margutta cantando i suoi successi più celebri, quelli che lo resero un icona della musica italiana di quegli anni. Un prestigio, quello di Buscaglione, ulteriormente certificato dai funerali che si tennero qualche giorno dopo a Torino, sua città natale, con migliaia di persone, accorse a rendergli l’ultimo omaggio.
Con i suoi baffetti ispirati all’attore Clark Gable, Buscagliane, negli anni ’50 era ovunque, in radio, nei locali e al cinema con i suoi brani più celebri come “Eri piccola così”, “Che Bambola”, “Guarda che Luna”, “Che Notte” e “Teresa non sparare”, creando, di fatto, un nuovo genere musicale, a ritmo di swing, capace di influenzare altri cantautori italiani negli anni avvenire.
Eccentrico e libero, in un Italia che si stava riprendendo dalle difficoltà dell’immediato dopoguerra. Ferdinando “Fred” Buscaglione fu uno dei primi a possedere, nel Bel Paese, un esemplare della Ford Thunderbid, una cabriolet a due posti lanciata sul mercato statunitense nel 1955, una luxury car che coniugava l’aspetto sportivo al lusso in un’ideale di potenza e libertà esemplificato dalla scelta del nome che richiamava il leggendario uccello venerato dai nativi americani.
Un’auto di nicchia, hollywoodiana, che ben si addiceva alla personalità di un divo di successo come Buscaglione, il quale decise di renderla ulteriormente unica con un’inusuale carrozzeria color lilla.
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