Coronavirus, allarme concessionari auto: il decreto Cura Italia non basta

I concessionari auto sono in rivolta contro il decreto Cura Italia, emanato lo scorso 17 marzo dal Governo italiano per far fronte alle conseguenze economiche dovute all’emergenza sanitaria che l’Italia sta vivendo a causa del coronavirus. A farsi portavoce dell’allarme è il presidente di Federauto Adolfo De Stefani Cosentino che si allinea alle parole di ACEA, l’associazione europea dei costruttori, sulle tragiche condizioni in cui versa l’industria automotive, che vede . 

Federauto: crollo vendite del 60%

Nello specifico, è Federauto (che rappresenta 1.100 imprese, oltre 48 miliardi di euro di fatturato, più di 120mila dipendenti e peso sul PIL del 2,8 %) a chiedere di modificare l’ordinanza dello Stato. La premessa è la previsione di mercato per il 2020, con un crollo delle vendite pari al 60%: una cifra troppo importante per essere trascurata senza prendere provvedimenti.

L’impatto che l’emergenza Covid-19 sta avendo sui dealer è allarmante e le disposizioni contenute nel primo provvedimento del Governo a tutela delle imprese non sono sufficienti – spiega il presidente di Federauto Adolfo De Stefani CosentinoSe non si interviene rapidamente e in modo efficace, il rischio concreto è di compromettere la continuità aziendale e la sopravvivenza stessa delle imprese.

LE RICHIESTE DI FEDERAUTO

Il sostegno serve, spiega Federauto, innanzitutto per la gestione del personale: servono ammortizzatori sociali, dice l’associazione, non si può utilizzare lo strumento delle ferie per sempre; poi, il calo del fatturato comporterà una richiesta di liquidità per la sopravvivenza aziendale; liquidità che si rivelera infine necessaria anche per gli stock di auto e ricambi.

Di seguito, le richieste di Federauto riportate per intero e inviate, tramite una lettera, al Giuseppe Conte.

L’attività dei concessionari per la vendita e riparazione di autoveicoli e motoveicoli, in ragione dell’elevato valore dei singoli beni, ricade totalmente fra le imprese con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro. Non godendo delle agevolazioni di differimento dei termini di pagamento alla Pubblica Amministrazione, si chiede che in sede di conversione in legge del decreto sia inserito un esplicito richiamo a tale attività, utilizzando il parametro del patrimonio netto al 31.12.2018, ultimo bilancio approvato, nel limite di € 100 milioni.

La compensazione orizzontale dei crediti Iva sia nei confronti dell’Erario che per la parte contributiva sarebbe un grosso supporto alla liquidità delle imprese. Oggi vige il limite di € 700.000 annui (art. 9 comma 2 D.L. 35/2013). Si chiede di allargare il limite trasformandolo in mensile. Quindi la compensazione orizzontale varrà per un importo massimo mensile pari a € 700.000.

Il decreto-legge è lacunoso nel trattare il caso che riguarda la situazione di dilazione dello stock. Il quesito a cui dare una risposta è: il credito ceduto pro-soluto a una banca terza è da considerarsi alla stessa stregua della sospensione prevista per i debiti bancari a medio-lungo termine? Ciò in relazione all’art. 56 comma 2b per prestiti non rateali che proroga di fatto al 30.09.2020 le scadenze. Per rendere tutto più chiaro si propone di estendere l’art.56 comma 5 anche alle imprese con patrimonio netto inferiore a € 100 milioni quanto previsto dal comma 2b, ampliandone la portata ed includendo anche lo strumento del finstock a mezzo factoring.

Con riferimento alle previsioni dell’art. 57, occorre che l’attività condotta dalle concessionarie auto sia ricompresa nell’emanando decreto applicativo.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/motori

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