Gli assi della Nba non smettono di manifestare indignazione per la morte per soffocamento, a Minneapolis, di George Floyd, dopo che era stato bloccato a terra da agenti di polizia. Tre di loro sono stati licenziati, ma le proteste non si placano, e LeBron James è sceso in campo per una seduta di allenamento individuale indossando una t-shirt con la scritta “Non posso respirare”, alludendo chiaramente alla fine di Floyd. Fra i 24mila commenti alla foto postata dallo stesso James, quello dell’attrice Halle Berry: “sono arrabbiatissima, non ci sono parole”. Già ieri il fenomeno dei LA Lakers, via social, aveva espresso il proprio sdegno scrivendo: “ora capite? O vi viene ancora nascosto? #Statesvegli”. Ora protesta anche Stephen Curry, stella di Golden State, che con un lungo post sotto alla foto di Floyd, esanime, bloccato a terra da un poliziotto che gli sta sopra, scrive “se questa immagine non ti dà fastidio e non ti irrita, allora non so che dire. George Floyd aveva una famiglia, non meritava di morire, George ha chiesto aiuto ed è stato semplicemente ignorato, il che vuol dire chiaramente che la sua vita ‘negra’ non era considerata importante. George è stato assassinato, e non era un essere umano per quel poliziotto che, consapevolmente, gli ha tolto la vita”. Altri commenti erano stati fatti da Steve Kerr, capo-allenatore di Golden State e da Stephen Jackson, campione Nba nel 2003 con San Antonio e amico personale (“era mio gemello”) dell’uomo ucciso dalle forze dell’ordine. Il pivot degli Utah Jazz Rudy Gobert posta invece l’immagine divenuta virale del poliziotto sopra a Floyd e quella di Colin Kaepernick, giocatore all’epoca dei 49ers del football che al momento dell’esecuzione dell’inno nazionale si inginocchiava per protesta contro le discriminazioni razziali. Il commento è “un’altra persona di colore vittima della violenza della polizia”.
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