FCA, ora l'alleato migliore si chiama Hyundai-Kia

Il fallimento della fusione tra Renault e Fiat Chrysler non ha niente a che vedere con interventi politici dello stato, ma è dovuto alla volontà del governo di preservare l’alleanza tra il produttore e il suo partner Nissan“, assicura oggi il ministero dell’economia francese dopo uno di quei colpi di scena industriali che rimarranno alla storia. Oppure ascoltiamo la voce del Gruppo Renault, che “esprime la sua delusione per non poter approfondire la proposta di Fca, essendo riconoscente per l’approccio costruttivo adottato da Nissan”. O ancora diamo attenzione a Hiroto Saikawa, ceo proprio di quest’ultima, che in una nota del giorno dopo puntualizza che “è difficile dire se il fatto che la proposta di Fca a Renault sia saltata sia una cosa buona o cattiva per Nissan, ma ci stavamo approcciando positivamente”. La questione vera ormai la riassume un comunicato conclusivo proprio del ministero francese dell’Economia, dove si indica come “l’avvenire di Renault è “rafforzamento dell’alleanza con Nissan“. E l’avvenire di FCA? Quali margini ha il gruppo Italo americano di attrarre nuovi potenziali partner? In che tempi?

Cominciamo dagli ultimi, che sono brevi. Entro il 2021 la tagliola delle nuove normative europee costringerà tutti i costruttori ad un pesante adeguamento tecnologico per evitare le multe previste ai produttori di auto che non rispetteranno alle emissioni medie per tutta la gamma di 95 grammi per km. Un fatto che spinge FCA ad investire, oppure ad acquisire soluzioni altrui entrando in un gruppo più ampio che ne dispone. Secondo il progetto di fusione non andato in porto, la famiglia Agnelli, che controlla il 29%, sarebbe dovuta scendere al 14,5% del capitale. Questo è il limite a cui l’attuale proprietà si può ancora avvicinare in presenza di nuovi assetti societari possibili. A patto di capire con chi.

Secondo il comunicato FCA seguito alla rottura con Renault, “non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo”, apparentemente escludendo in modo definitivo un ritorno di fiamma tra i due gruppi, ma anche eventuali nuovi abboccamenti con la altrettanto francese PSA guidata da Carlos Tavares. Manager pragmatico che, dopo l’acquisizione di Opel, è ormai orientato ad uno shopping di alto livello che comprenda marchi del lusso, comunque in formule che hanno a che fare con l’acquisto di aziende piuttosto che la fusione dell’attuale gruppo con nuove entità.

Del resto, PSA ha una struttura molto solida, perché appartiene alla finanziaria FFP, una holding in cui la famiglia Peugeot è azionista insieme alla cinese Dongfeng e alla banca francese Bpifrance. Tra gossip e finanza, PSA e FCA si sono parlati ripetutamente in passato già con Sergio Marchionne al comando, ma lo scorso aprile all’agenzia Reuters Tavares ha inteso chiudere la porta a qualsiasi voce: “non abbiamo una specifica azienda come obiettivo, in particolare non FCA“.

Per la cronaca, in Europa resta Ford, sempre più coinvolta in un accordo di collaborazione con Volkswagen che sembra lasciare ben pochi spiragli ad un ruolo per FCA. Come dimostrano anche i problemi occupazionali della filiale europea di Ford, che proprio in questi giorni ha annunciato la chiusura di uno dei suoi impianti britannici, quello di Bridgend, in Galles, dove vengono prodotti motori per veicoli Jaguar e Land Rover, marchi nel frattempo venduti all’indiana Tata Motors nel 2008 e finito ora nelle attenzioni di PSA.

L’opportunità realmente possibile costringe FCA ad allargare gli orizzonti verso oriente. Nella logica delle cose industriali e delle sinergie possibili, cioè nella ricerca di un partner che già disponga delle tecnologie necessarie per affrontare le sfide dell’elettrificazione valorizzando brand forti come Alfa Romeo, Maserati o Jeep, la bussola FCA punta dritto sulla Corea di Hyundai-Kia. Nel 2018 ha venduto nel mondo 7,5 milioni di veicoli, con una crescita del 3,2% che la posiziona stabilmente al quinto posto tra i costruttori mondiali. Lavora in parallelo alle tecnologie di motorizzazione ibrida, elettrica e ad idrogeno. Soprattutto ha fame di espandersi sul mercato statunitense, dove lo scorso anno ha registrato un calo di vendite e invece sarebbe la prima a trarre vantaggio dall’esperienza FCA nei truck. Un incontro di interessi insomma ideale in almeno due continenti, un avvenire ideale Fiat-Chrysler e per chi razionalmente se ne interessa.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/motori

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