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L’attesa sta per finire. Le nazionali sono pronte a intraprendere il cammino dei Mondiali, chiamando sul palcoscenico lo sport delle scuole, delle palestre, delle province, quello che dopo il calcio è il più praticato dagli italiani: i numeri impressionanti sull’affluenza di pubblico ai palazzetti confermano quelli di un movimento importante. Ma dei semplici dati possono descrivere al meglio lo stato di salute della pallavolo nel nostro Paese?
Il volley è da sempre etichettato come “sport minore”. Per quanto la definizione possa sembrare sminuire le discipline che rientrano in questa categoria, in realtà si basa su fattori economici e culturali. La pallavolo in Italia è da considerarsi uno sport dilettantistico nella forma: gli sponsor che investono in una squadra sono legati al territorio e di conseguenza il movimento non ha il ritorno di immagine che meriterebbe. Eppure l’Italia ha i campionati più belli e competitivi del mondo, i giocatori più forti ed i palazzetti sempre pieni di tifosi, che viaggiano da Nord a Sud per sostenere i loro beniamini.
I ridotti investimenti sono la conseguenza di una limitata visibilità e di uno scarso interesse mediatico. Bisogna portare la pallavolo in televisione per ampliare il bacino di persone appassionate di questo sport. Basta vedere come dopo le Olimpiadi del 2016 il movimento pallavolistico nazionale sia esploso in quanto a popolarità, non solo grazie agli ottimi risultati sul campo, ma anche grazie a un servizio televisivo e mediatico completo.
Nonostante ciò, il volley italiano ha tutte le carte in regola per compiere il grande salto, se solo la volontà di tutti fosse rivolta nella stessa direzione. Stiamo parlando di uno sport che, proprio grazie alla sua “incontaminazione” con altre tematiche extra-sportive, rimane “puro”. Uno sport per cui è ancora possibile andare a vedere le partite con i bambini ed i tifosi avversari vicini di posto. Uno sport in cui si può avvicinare il campione e chiedergli senza problemi di fare un autografo o posare per una foto. Uno sport in cui la competizione è la componente primaria e in cui i protagonisti sono l’emblema del gusto semplice e genuino del divertimento.
Se non ci sono stabilità, voglia di crescere, di mettersi in discussione e compiere scelte coraggiose ma decisive, a tutti i livelli del sistema, il volley non compirà mai l’ulteriore e definitivo salto di qualità, lasciando da parte l’etichetta di “sport minore”.
Proprio come la sua natura, dunque, tutto è nelle nostre mani. La palla passa a noi.
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