ROMA – Brian Vahaly oggi è felice. Non ha più la racchetta tra le mani, lui che una volta era nella top 100 del ranking Atp, ma ha fatto qualcosa di più significativo: è il primo tennista ad aver parlato apertamente della omosessualità. Aveva scelto Sports Illustrated, rivista sportiva statunitense come lui, per aprirsi e raccontare il vero Brian. Prima di lui, ci sono stati altri due tennisti omosessuali, entrambi in campo prima degli anni ’40: Bill Tiklen (che negli anni ’20 ha vinto una decina di Slam) e il barone tedesco Gottfried Von Cramm, che negli anni ’30 tenne la sua omosessualità segreta nella Germania nazista, e proprio per il suo orientamento fu arrestato. Vahaly, insomma, è il primo tennista gay (o meglio, il primo a parlarne senza alcun problema) dell’era moderna. Prima degli US Open, come ha raccontato al Daily Telegraph, lo statunitense (sposato e con due gemelli da mamme surrogate) ha deciso di tendere una mano ad altri tennisti.
“Se avessi trovato un ambiente più sensibile, sarei stato un tennista più felice – ha raccontato – uno dei miei obiettivi ora è creare un ambiente in cui i giocatori si sentono a proprio agio nel parlarne apertamente e magari aiutarli a farli diventare tennisti migliori. Quando giocavo, c’era un clima omofobico. Tanti commenti, tanti atteggiamenti”. Nell’ultimo decennio, invece, qualcosa è cambiato: in cinque anni sono tanti gli atleti uomini ad aver fatto coming out, e dal tennis il vento di cambiamento soffia tra le donne. A marzo Alison Van Uytvanck (38 nel ranking) ha parlato della sua omosessualità, e dopo il passaggio al quarto turno nel tabellone inglese di Wimbledon ha schioccato un bacio alla compagna – anche lei tennista – Greet Minnen.
Un’intenzione, quella di Vahaly, supportata anche da top 5 come il sudafricano Kevin Anderson e lo svizzero Roger Federer, che al termine del torneo di Cincinnati ha detto un giocatore omosessuale è più che accettato, e che sarebbe una buona cosa parlarne. Quando accadrà tutto questo? Vahaly non lo sa, ma ha una visione chiara: “Più si parla, e meglio sarà. Più esposizione avranno atleti gay, e meno problemi avranno altri atleti a uscir fuori, con la speranza che al coming out, oltre a dire ‘congratulazioni’, si guardi avanti, senza farne un problema”.
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