Avevamo lasciato Serena Williams arrivare in finale a Wimbledon, una giocatrice ritrovata ad alti livelli dopo la maternità e sconfitta solo dal muro teutonico di Angelique Kerber, per l’ennesimo record di titoli Slam vinti ancora una volta solo sfiorato: a distanza di un paio di settimane la ritroviamo sul cemento americano, teoricamente una superficie a lei favorevole, letteralmente presa a pallate dalla britannica Konta a San José.
La peggior sconfitta nella carriera dell’americana, la più severa in termini di punteggio, un solo game raccolto e un grido d’allarme che preoccupa in vista dell’estate tennistica nordamericana che punta dritto agli Us Open, un torneo che negli ultimi anni per Serena è stato stregato: a voler essere benevoli si tratta solo del quinto torneo disputato dopo la maternità, a voler essere realisti non solo è una tremenda batosta ma, fatto ancora più grave, è un deciso passo indietro rispetto all’impressione data nella finale londinese.
In poco più di due settimane Serena non può però aver smarrito la voglia di lottare o perso la condizione fisica faticosamente guadagnata durante lo Slam inglese: se spesso la spiegazione più banale è anche sinonimo di verità probabilmente la battuta d’arresto vissuta contro la Konta è semplicemente un incidente di percorso. È vero che certe sconfitte fanno pensare e dubitare se davvero ne valga la pena, inseguire un sogno assai complicato e che tarda a concretizzarsi (il fattore età in questo caso è determinante e gioca assolutamente contro): si ritroverà Serena, cercherà di riprendere nuovamente il ritmo in campo, indignata per una sconfitta sconfortante ma che può ben presto essere dimenticata. Per farlo d’altronde, c’è un solo modo: riassaporare presto la vittoria.
Personalmente sono convinto che Serena abbia bisogno di un’ultima grande vittoria per dire addio al tennis pro: quei 24 Slam da realizzare per eguagliare il famoso record sono lì alla vista e fanno troppa gola. Non sarà di certo la Konta a mandare in frantumi il suo piano. Poi ci sarà tempo per una nuova vita lontano dal campo.
Alessandro Orecchio
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