Open Court: Laver Cup 2018, un gradimento che fa riflettere (di Marco Mazzoni)

93584. Questo il dato ufficiale degli spettatori che hanno assistito alla tre giorni di Laver Cup 2018 a Chicago. Numeri importanti, sorprendenti, a certificare il successo della seconda edizione dell’evento, confermato anche dal grande interesse dei Media e dagli ascolti in tv. Perché sorprendenti? Beh, personalmente non ero affatto sicuro che quest’anno le cose sarebbero andate “bene”, o almeno non così bene.

L’anno scorso, all’esordio, era impossibile far male.Gli ingredienti per il successo c’erano proprio tutti: effetto novità; location perfetta; un battage promozionale gigantesco e soprattutto la clamorosa presenza in campo e pure insieme in doppio di Roger e Rafa. Riprese tv eccellenti, spettacolo in campo, divertimento e passione. Pure il fascino retrò degli eterni rivali Borg vs Mc in panchina. Molti avevano storto il naso di fronte a questa ricca esibizione, esponendo critiche assai fondate. Tuttavia il campo aveva parlato chiaro, s’era visto del buon tennis, un mix adeguato tra happening ed agonismo, con attori da Oscar in campo. La scommessa Laver Cup era stata ampiamente vinta.

Assai più difficile scommettere sul successo della seconda edizione, quella della “conferma”. Non era affatto scontato che senza l’effetto novità, senza Nadal e con alcuni tennisti buoni ma non da copertina (senza nulla togliere a Goffin, Sock, Tiafoe, per dirne solo tre, e mancando DelPo) il pubblico arrivasse copioso e che in tv ci fossero ascolti importanti.Oltretutto si giocava negli USA, in un momento storico in cui il movimento yankee manca di un “campione”, un leader carismatico, uno di quelli che non solo vince ma smuove le folle. Invece anche quest’anno le cose per la Laver Cup sono andate bene. Molto bene, a sentir loro.

Onestamente non ho visto tutti gli incontri. Il tennis “vero” è altrove, inutile girarci intorno. Tuttavia sarebbe sbagliato anche il comportamento opposto, ossia snobbare quest’evento che, piaccia o no, ha regalato spettacolo tennistico (e non solo), con momenti di tennis tutt’altro che disprezzabili.Djokovic, la vera novità di quest’anno, si è calato assai bene nella squadra blu, facendo ampiamente la sua parte a bordo campo con Roger e gli altri del suo team. I due campioni in doppio hanno perso, pazienza. Alla fine, come ogni risultato di ogni incontro della Laver, resta un dettaglio.

Già… questo alla fine è il nocciolo della questione. Se ogni match disputato alla Laver Cup non ha un reale valore storico (per non dire nessuno), che senso ha giocarla, e guardarla? Questa la tesi dell’accusa all’evento. La difesa replica così, semplicemente: per il puro gusto di vedere un buon tennis, giocato magari con meno “forza” ed agonismo, con un pizzico di leggerezza in più.Cosa che, a volte, in questi tempi di tennis iper-competitivo ed iper-atletico, forse non guasta nemmeno poi così tanto, andando al contrario a stuzzicare quei palati che cercano qualcosa di differente dalle tante maratone fisiche che oggi dominano la maggior parte del tour ATP.

In fondo, su quel bel campo nero(confermo le mie personali impressioni dell’anno scorso, è una “figata” televisivamente, se mi passate il termine…)si sono visti buoni momenti di tennis. Non con l’intensità dei Championships, sia chiaro… Però, alla fine, che sia ATP, Davis, Slam o… esibizione, quel che conta è il gioco, il divertimento, la qualità di quel che i giocatori riescono a regalare al pubblico. Wimbledon resta uno, e via gli altri grandi tornei. Ma ripeto: con intensità altalenante, niente di memorabile, ma quando i protagonisti ci danno dentro e producono tennis di qualità, lo spettacolo è assicurato. E lo spettatore apprezza. Questo si è visto alla Laver Cup 2017 e 2018. Questo in passato si vedeva alla bellissima esibizione della “Racchetta d’oro” di Anversa, o alla Gran Slam Cup degli esordi. Soldi, tanti; ma anche buon tennis, a volte migliore che in eventi “ufficiali”.

Il pubblico certamente è stato trainato da Federer, e da Djokovic (ieri da Nadal); da una formula “fresca” e che ha una “logica sportiva”, e che quindi incuriosisce. Ma sono discretamente convinto che questa manifestazione abbia le carte in regola per durare ancora un po’, anche oltre la già annunciata edizione 2019 di Ginevra. Quando Roger appenderà la racchetta che fine farà? Ha già fatto capire che vorrebbe continuare a giocarla… abilità di marketing o cosa? Vedremo. E vedremo che futuro avrà, e se ce l’avrà. Molto dipenderà dai budget. Oggi ci sono, tra qualche anno?

Semmai la domanda vera è un’altra. Ma c’era bisogno della Laver Cup? Personalmente ritengo di No. Se è nata, e se prospera, dipende dall’abilità di chi l’ha inventata e promossa, grazie anche ad un sostegno pesantissimo di sponsor forti e vagonate di dollari.Ma anche perché quest’iniziativa è stata brava a trovarsi uno spazio e produrre spettacolo.Allora, mi chiedo: chi governa il tennis ha qualcosa su cui riflettere? Forse per troppe settimane all’anno non si riesce a produrre tennis davvero interessante? E perché? Non sarebbe forse meglio giocare “di meno” ma con maggior “qualità”? Le domande potrebbero continuare…

Marco Mazzoni

@marcomazz


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