Il 2018 tennistico è stato un anno che ha raccontato storie bellissime, ritorni tanto sperati e vittorie che molti reputavano ai limiti dell’impossibile: eppure, quest’anno che volge al termine non ha avuto solo protagonisti positivi. Non ci sono infatti i soli Djokovic, Nadal, Federer e Del Potro…ci sono anche tanti tennisti che non solo hanno mancato gli obiettivi di stagione ma hanno soprattutto fatto passi indietro nelle loro prestazioni e nel tennis messo in campo.
Grigor Dimitrov e Jack Sock avevano giocato un 2017 solido, concludendolo alla grande: l’americano fra i migliori 8 alle Finals e il bulgaro addirittura vittorioso fra i maestri e lanciato verso traguardi Slam fino a quel momento solo sognati. Entrambi hanno però giocato un 2018 negativo: se Grigor (25-19) è sembrato smarrire all’improvviso il suo tennis, perdendo anche smalto fisico e sicurezza nel proprio gioco uscendo dalla top20, l’americano (10W-25L) ha vissuto un vero e proprio annus horribilis che lo ha portato addirittura fuori dai primi 100 giocatori al mondo, in quella che è sembrata una spirale negativa simile a una “crisi d’identità tennistica”. E dire che Dimitrov a livello Slam aveva anche cominciato bene la stagione con i quarti di finale a Melbourne salvo poi raccogliere solo un 3T a Parigi e addirittura due sconfitte all’esordio a Wimbledon e New York.
Simile ai due predecessori l’anno del francese Lucas Pouille (25W-20L): da lui, che ha assaporato anche la top10 per un breve momento a marzo, ci si aspettava un salto di qualità, andando a soddisfare quel bisogno frenetico del tennis francese di trovare il giusto erede ai vari Tsonga, Monfils, Simon e Gasquet (peraltro tutti in attività). Invece Pouille con l’arrivo della terra battuta ha vissuto un vero e proprio calvario, fatto di eliminazioni in serie ai primi turni e di prestazioni dove sembrava perdere il filo del “discorso” che lo hanno portato fuori dai primi 30 giocatori al mondo. Non a caso il cambio dell’allenatore storico a fine anno è stato un segnale inequivocabile.
Per il sottoscritto però la vera delusione della stagione è l’australiano Nick Kyrgios: un anno assai complicato per il tennista aussie, fra infortuni e prestazioni in campo che hanno spesso lasciato l’amaro in bocca. A inizio anno le cose sembravano andare verso un buon cammino: vittoria a Brisbane e ottavi a Melbourne, poi però non è arrivato il salto di qualità tanto atteso dal giocatore classe ’95. Forfat a Indian Wells, 4T a Miami, la stagione su terra rossa saltata quasi per intero (ha giocato solo Houston), i risultati confortanti sull’erba (semi a Stoccarda e al Queen’s, 3T a Wimbledon) e poi pochi, troppo pochi tornei.
C’è qualcosa che non va probabilmente nella preparazione fisica fin qui prescelta e non è un caso che Kyrgios faccia davvero fatica o s’infortuni nella seconda parte della stagione. Ritiro ad Atlanta ai quarti contro Norrie, 1T a Toronto, 3T a Cincinnati, 3T a New York (“salvato” e strigliato dall’arbitro al secondo turno contro Herbert), 2T a Tokyo, 1T a Shanghai e forfait al 2T a Mosca: risultati mediocri, di certo non quelli che ti possono spingere a migliorare il tuo best ranking (13) ma anzi ti fanno retrocedere e uscire dalla top30… e le scadenze a inizio 2019 non saranno poche. Non ci si può infortunare con tale frequenza, non si può avere sempre la sensazione di un giocatore svogliato e che preferirebbe stare da tutt’altra parte e di certo non in un campo da tennis: non credo sia obbligato e sinceramente è un peccato non vederlo fra i migliori perché potrebbe tranquillamente starci. È giovane e ancora in tempo per far esplodere quel potenziale che tutti hanno individuato in lui: ma in quanti scommettono ancora sull’australiano?
Alessandro Orecchio
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