Kubica ricomincia dalla Williams: successi e insuccessi di piloti al ritorno in F1!


È ufficiale: Robert Kubica torna a tempo pieno in Formula 1. Il pilota polacco, classe 1984, affiancherà, infatti, l’esordiente George Russell (classe 1998) in Williams. Kubica ha al proprio attivo 76 Gran Premi (compresi tra il GP di Ungheria 2006 ed il GP di Abu Dhabi 2010), 1 vittoria (GP del Canada 2008), 1 pole-position (Bahrain 2008) e 12 podi. Pilota di BMW Sauber prima (dal 2006 al 2009) e di Renault poi (2010). Nelle mani di Kubica e Russell l’arduo compito di resuscitare la Williams, scuderia che in questo 2018 ha palesato enormi difficoltà. Lance Stroll e Sergey Sirotkin, infatti, hanno navigato costantemente in coda alle classifiche, affatto assistiti da una Williams FW41-Mercedes nata male e apparsa disastrosa sin dai test pre-campionato.

Kubica, inevitabilmente, avrà tutti gli occhi puntati addosso. Un gradito ritorno, non v’è dubbio, condito, tuttavia, da innegabili risvolti di marketing e giganteschi punti interrogativi, legati tanto alla seconda vita da pilota di F1 di Kubica stesso quanto alla nuova vettura, la quale giocherà un ruolo determinante nelle prestazioni — nel bene e nel male — del riconosciuto talento di Cracovia. Dopo anni passati a gironzolare senza meta, obiettivi e sorriso nelle gare riservate alle vetture a ruote coperte, Kubica si reimpossessa della Formula 1, di quella Formula 1 che, probabilmente, lo avrebbe visto primeggiare ed alzare al cielo numerose coppe.

Ma attenzione: i pomposi ritorni in Formula 1 possono trasformarsi in una lama a doppio taglio. Persino Michael Schumacher ha fallito: la memoria corre ai tre fiacchi, deludenti anni trascorsi in Mercedes (2010-2012), successivi al ritiro dalla F1 (2006) e ai fasti targati Benetton e Ferrari.

La Williams, pertanto, è ancora al centro di graditi “ritorni di fiamma”, piloti i quali, dopo un periodo più o meno lungo lontani dalla Formula 1, riabbracciano la categoria mondiale grazie alla iniziativa dello storico team britannico. Due nomi su tutti: Nigel Mansell ed Alessandro Zanardi. Ad accomunare i due, non solo la Williams, ma anche le vincenti esperienze nella statunitense CART (Championship Auto Racing Teams).

Nigel Mansell e la Williams, un binomio che ha bisogno di ben poche presentazioni: insieme dal 1985 al 1988, quindi di nuovo nel biennio 1991-1992. Tante vittorie (28 su 31 totali), mondiali sfiorati, un 1992 dominato e quell’iride che sa di liberazione. Quindi, l’approdo negli USA ed il titolo CART conquistato, nel 1993, grazie alla Lola T93/00-Cosworth del Newman/Haas Racing. Nel 1994, è ancora in CART ma, saltuariamente, è richiamato dalla Williams in Formula 1.

Il 1994 è, per la Williams, un anno di luci e ombre: la morte di Ayrton Senna in quel di Imola, un Damon Hill in lotta per il titolo, poi perso in quel di Adelaide. Quest’ultimo, dopo la morte del campione brasiliano, è affiancato dal debuttante David Coulthard. Al GP di Francia (Magny-Cours), però, subentra Mansell. Partito col 2° tempo, Mansell (al volante della Williams FW16-Renault) è costretto al ritiro al 45° giro quando occupa la terza piazza. Lasciato nuovamente il volante a Coulthard, Mansell ritrova la competitiva FW16 in tempo per gli ultimi tre appuntamenti del Mondiale 1994: GP d’Europa, GP del Giappone, GP d’Australia. A Jerez, partito col 3° tempo, abbandona la corsa al 47° giro per un testacoda; a Suzuka, partito col 4° tempo, chiude una difficile corsa condizionata dal maltempo in quarta posizione. Ad Adelaide, infine, Mansell riassapora il gusto della vittoria. È il 13 novembre 1994. Pole-position e vittoria, il suo 31° ed ultimo trionfo in F1. Un capolavoro — a 41 anni suonati — ad impreziosire la straordinaria carriera del baffuto “Leone” inglese. Il breve e negativo 1995 al volante della McLaren Mp4/10B-Mercedes pone fine, in modo definitivo, alla carriera in F1 di Mansell.

1999. La Williams riporta in Europa un campione CART. È Alessandro Zanardi, reduce da tre memorabili stagioni in CART Indy Car World Series/PPG World Series/FedEx Championship Series culminate nella storica doppietta del biennio 1997-1998 al volante delle Reynard 97i e 98i motorizzate Honda e gestite dal team Ganassi.

Nel luglio 1998, prima dell’appuntamento di Cleveland, Zanardi e la allettante Williams trovano un accordo in ottica 1999. È così che il pilota italiano, dopo i 25 Gran Premi corsi tra il GP di Spagna 1991 (Jordan 191-Cosworth) ed il GP di Australia 1994 (Lotus 109-Mugen Honda), riabbraccia la Formula 1. Un italiano vincente in una scuderia di vertice: tutto sembra apparecchiato per una stagione positiva. I primi nodi, tuttavia, arrivano sin dai test pre-campionato.

I rapporti tra Zanardi ed il team, infatti, non sono idilliaci. Fiducia reciproca e comunicazione vengono meno. In più, Ralf Schumacher, anch’egli pilota Williams, non vede di buon occhio il proprio nuovo compagno di scuderia. Il tedesco reputa l’italiano “inferiore”, buono solo a vincere in CART ma non in F1. Un atteggiamento di superiorità palesato da tante persone che, però, non intacca Zanardi. Inizialmente, Zanardi lavora al fianco di Craig Wilson, ingegnere di pista che, successivamente, verrà assegnato a Ralf Schumacher. Wilson, forte della propria visione di lavoro e consapevole del funzionamento “poco fantasioso” di una moderna F1, boccia le idee di Zanardi circa la messa a punto della Williams FW21-Supertec (Renault). Il team, però, viene incontro alle esigenze di Zanardi e gli affida un nuovo ingegnere di pista, Greg Wheeler, sudafricano, esperto di vetture Turismo ma non di F1. In più, il delicato funzionamento degli pneumatici Bridgestone rallentano il lavoro di messa a punto della vettura, compromettendo il feeling tra Zanardi e la monoposto stessa. Pneumatici, infatti, qualificati da un rendimento precocemente incostante e repentino sin dai primi giri di utilizzo. Apportare benefiche e sostanziali modifiche, in queste condizioni critiche, ad una vettura assai diversa da quelle CART e dalle F1 precedentemente guidate da Zanardi nella prima metà degli Anni ’90, evidentemente, è impresa assai ardua. Ma non è tutto.

Zanardi appare stanco e “demotivato”: ha voglia di stare con la propria famiglia, trascurata nei tre, intensi “anni americani”. Il rapporto con il team Winfield Williams — da Frank Williams a Patrick Head, passando per i tecnici — è cordiale ma sempre sul “chi va là”. Da un lato vi è uno Zanardi eccessivamente remissivo, dall’altro una Williams che, dopo i primi scarsi risultati, perde immediatamente fiducia in Zanardi. In occasione del GP del Belgio del 29 agosto 1999, Zanardi si rende conto che la propria squadra — ad iniziare da egli stesso — ha capito ben poco di come far funzionare la Williams FW21. La sua vettura, infatti, si rompe sulla linea di partenza. Ripiega sul muletto di Schumacher, assettato per Schumacher. È in questa occasione che Zanardi realizza: ha ragione Craig Wilson, ha torto Wheeler, ha torto Zanardi. La “rognosa” FW21 va assettata e preparata come dice Wilson: con fredde simulazioni al computer e non attraverso i “creativi” esperimenti di Wheeler. Zanardi, con l’auto di Schumacher, ben figura tra le Ardenne: solo un problema al rifornimento di benzina ed il successivo, nuovo, imprevisto rifornimento pregiudicano un probabile 5° posto (terminerà, dunque, 8°).

Finalmente, a Monza (12 settembre 1999), Zanardi torna a ruggire. Qualifica la sua Williams col 4° tempo, davanti a Ralf Schumacher. In gara, parte bene: affianca Mika Hakkinen (McLaren Mp4/14-Mercedes), poi viene superato da Heinz-Harald Frentzen (Jordan 199-Mugen Honda). Tutto sembra andare per il verso giusto ma poi la Williams condotta da Zanardi inizia a toccare col fondo: l’elemento è stato mal fissato dai meccanici. Non riesce a tenere il ritmo dei primi. Lascia sfilare Ralf Schumacher: al giro 25° è ancora quarto. Zanardi chiude il GP d’Italia in settima posizione, appena fuori dai punti. Senza il danno al fondo, avrebbe senza dubbio impensierito Frentzen, vincitore. 2°, non a caso, si piazza proprio l’altra Williams, quella di Schumacher.

Le buone prestazioni ed i buoni riscontri di Spa-Francorchamps e Monza, tuttavia, non leniscono una stagione negativa: la Williams FW21-Supertec si dimostra vettura inaffidabile (ben sette i ritiri per noie meccaniche collezionati da Zanardi), Zanardi e la sua squadra, d’altro canto, non riescono mai ad eguagliare le prestazioni di Schumacher. Ralf Schumacher chiude il Mondiale in sesta posizione (35 punti), alle spalle di Hakkinen (76), Eddie Irvine (74), Frentzen (54), Coulthard (48), Michael Schumacher (44). Zanardi non coglie alcun punto iridato.

Frank Williams propone a Zanardi il rinnovo del contratto, ma ormai tra l’italiano ed il team inglese è rottura. In particolare, Head ritiene Zanardi non all’altezza, apostrofando il campione CART 1997-1998 con scomposte frasi ed inopportune dichiarazioni al veleno. La rottura, alla luce di una fiducia reciproca mai sbocciata sin dalle prime gare del Mondiale 1999 ed ora irrimediabilmente compromessa, è inevitabile.

Mansell, Zanardi, Kubica. Tre storie, tre destini diversi. Due già scritti e consegnati alla storia, uno ancora in divenire…

Scritto da: Paolo Pellegrini

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/kpw2Fpt4JCs/kubica-ricomincia-dalla-williams-successi-e-insuccessi-di-piloti-al-ritorno-in-f1.php

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