Kimi Raikkonen saluta la Ferrari. Cosa ci lascia, cosa ricorderemo

Guess who’s back?

Da quando questo post è rimbalzato dalla bacheca di Kimi Raikkonen nei social di mezzo mondo, non si parla d’altro, cioè del suo addio alla Ferrari per approdare in Sauber altri due anni, sostituito da Charles Leclerc che proprio dalla Sauber proviene, in una sorta di scambio generazionale ambivalente: da un lato, il Campione esperto che torna alle origini, nella scuderia che l’ha svezzato mentre muoveva i primi passi in Formula Uno, dall’altra la promessa che ne riceve il testimone e che dalla medesima scuderia partiva, giovane com’era stato lui agli esordi.

C’è chi vi ha visto qualcosa di romantico, quasi una commossa citazione di Senna che promette di correre la sua ultima stagione prima del ritiro con la Minardi; effettivamente, questo ritorno a Hinwil, in quella che oggi si chiama Sauber Alfa Romeo, somiglia proprio a quella suggestione, senza Senna, Minardi, la commozione e il romanticismo, dal momento che questa intelligente mossa del management della Ferrari va piuttosto nel senso di rinsaldare una partnership tecnico-commerciale con un team satellite che in quello di ricucire i cuori infranti dei tifosi di Iceman, inconsolabili al pensiero di non vedere più correre in Formula Uno il loro beniamino a fine stagione.

Così, mentre Charles Leclerc postava pubblicamente i suoi ringraziamenti a tutti color i quali l’hanno aiutato a realizzare il suo sogno di guidare per la Ferrari, con una menzione questa volta davvero romantica e commovente a Jules Bianchi e al suo indimenticabile papà, il web si scatenava in un rincorrersi di opinioni spesso antitetiche, critiche e anche entusiastiche.

Ma cosa ci dice davvero questo scambio di sedile fra Raikkonen e Leclerc, fra il vecchio campione e la giovane promessa?

Che Kimi il Bollito, spesso descritto come abulica controfigura del più pimpante Vettel, ormai disinteressato agli sviluppi sia della propria carriera che della monoposto, mai al posto giusto quando c’è da darsi da fare per la squadra, ha invece ancora voglia di correre e di spendersi per un team di Formula Uno che ha vissuto un passato recente molto travagliato e sta affrontando una consistente ristrutturazione. Un team, la Sauber, che svolge il ruolo di palestra ad alta tecnologia per la Ferrari stessa, quasi a voler ribadire che perfino un uomo di ghiaccio, una volta che ha vestito la tuta rossa, continua a… tifare per lei.

Che i veri rivoluzionari non sono stati Mateschitz, Marko e Horner quando hanno ingaggiato un Verstappen appena maggiorenne ma già arcinoto, oltre che ben addentro al Circus fin dalla nascita, ma il vecchio orso Peter Sauber e la sua scuderia, che nel 2001 affidarono una monoposto di Formula Uno a un imberbe sconosciuto quasi privo di risultati di rilievo, venendo ripagati da uno dei debutti più notevoli degli ultimi vent’anni.

Che mentre Red Bull e Mercedes non possono negare il deludente risultato dei propri programmi di promozione dei giovani, dove Stoccarda piange per la mancanza di una terza vettura da schierare ma non per aver compromesso la carriera di Wehrlein – per non parlare di Ocon… – mentre Milton Keynes ha esaurito la riserva di giovanotti da gettare nel tritacarne per poi buttarli via e grida al Ricciardo Ingrato per darsi un tono, la bistrattata e criticata Ferrari Drivers Academy riesce a far approdare in prima squadra uno dei suoi talenti – forse il più cristallino – senza farselo scippare, con buone probabilità di non rovinarlo.

Che la Ferrari, dopo decenni in cui preferiva line-up mature, con piloti di esperienza, spesso già titolati, si è dimostrata capace di fare ciò che sarebbe stato impensabile qualche tempo fa: una scelta di rottura, ingaggiando un giovane talentuoso che ha ancora molto da dimostrare e dovrà farlo al volante di una Rossa di Maranello. Un taglio deciso con il passato tante volte auspicato e mai realizzato per quel certo immobilismo ministeriale che da sempre caratterizza la Scuderia, se raffrontata con le smaliziate concorrenti, un’impronta diversa per la quale dobbiamo ringraziare il Presidente Marchionne.

E così buona fortuna Charles, ne avrai bisogno. I Tifosi ti ameranno: meritatelo.

E cosa ricorderemo di Kimi? Innanzitutto che la Formula Uno Bei Ragazzi e Giovani Tifose Scatenate comincia proprio da quel remoto 2001 fatto di V10, Bridgestone versus Michelin e Schumacher Che Dice Boh In Italiano, il giorno in cui comparvero, in una pit lane in cui il mascellone David Coulthard era uno dei pochi che si guardava volentieri, due bei giovani ragazzi biondi: Nick Heidfeld e Kimi Raikkonen. Ricordo ancora il mio archeologico gsm che gracchiava gli sms entusiastici della mia sodale amica formulomane – Hai visto quei due figaccioni? Hanno la nostra età! – e i forum delle testate sportive che si riempivano di commenti, in un’epoca in cui non c’erano i social network e internet viaggiava ancora tramite i gloriosi modem a 56kb, fra gente perplessa, che temeva questi inesperti fracassatori di monoposto, e gente moderatamente ottimista verso il nuovo che avanza. Gente che diventava sempre più numerosa e di sesso femminile…

Ancora, torniamo al 2003. Chi non si è emozionato durante la stagione in cui il vecchio campione Schumacher doveva vedersela con i giovani terribili Raikkonen e Alonso, per non parlare di Montoya, ha poca memoria o mente spudoratamente.

E poi il 2007, quando la McLaren e il suo dream team di piloti naufragarono fra dispetti, rivalità e spy stories, così fra Primadonna e Ancora Più Primadonna la spuntò proprio Nient’altro Che Kimi, Campione per un gigantesco, glorioso, piccolo punto. L’ultimo a esserci riuscito su una Ferrari.

Siamo giunti ai giorni nostri, con un Kimi che ha da tempo un’immagine di affettuoso family man che contrasta con quella più selvaggia e scostante degli inizi, il quale sta regalando ad appassionati e tifosi una stagione ad alto livello, la migliore dalla sua seconda giovinezza in Ferrari. Un Kimi che è rimasto sempre fedele a se stesso: concreto, solido, corretto, per niente coinvolto da tutto quel che nella Formula Uno è diverso dal guidare e per questo incorrotto. Un puro, arte per arte, correre per correre: sono queste le caratteristiche che lo avvicinano davvero a James Hunt, genio ribelle della Formula Uno dei gloriosi Seventy, e non l’allure di sfrontata guasconeria e disinteresse che una certa miscredente storiografia vorrebbe far prevalere. Così ricorderemo Kimi Raikkonen che saluta la Ferrari, la sua Ferrari con la quale è stato Campione del Mondo: ruvido, privo di filtri ma a suo modo romantico. E giurerei che più di uno si sia già abbondantemente commosso.

Fonte: http://feedproxy.google.com/~r/CircusFormula1/~3/MqY95QmUniY/kimi-raikkonen-saluta-la-ferrari-cosa-ci-lascia-cosa-ricorderemo.php

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