L’evoluzione ha bisogno di una soluzione ideale, la sfida alle emissioni del tassello che mancava. Sorprendentemente, entrambe le risposte hanno a che fare con un brevetto tecnico che risale agli anni venti. Nella testa dell’ingegnere tedesco Felix Wankel c’era l’idea di un motore rivoluzionario nel funzionamento. Oggi il propulsore che porta il suo nome, è destinato ad inserirsi in modo cruciale nelle geometrie che vanno dall’auto elettrica a quella ibrida plug-in. Il motore rotativo, di cui Mazda detiene i diritti dagli anni 50′ ed è l’unica casa automobilistica a sviluppare, cambia totalmente le regole del gioco.
L’ultima vettura ad essere equipaggiata con un motore Wankel è stata la sportiva RX-8, uscita di produzione nel 2012. La prima nel 1967, la Cosmo Sport, nel mezzo, la vittoria storica della casa giapponese nella 24 Ore di Le Mans del 1991. Ora però lo scenario è cambiato, il motore rotativo torna in una veste diversa dal classico propulsore destinato a trasmettere coppia e potenza alle ruote. E’ il tassello di una strategia ambientale che ha premesse tecniche uniche per superare i limiti di autonomia di qualsiasi vettura spinta da un motore elettrico e alimentato da batterie, fatalmente destinate ad avere una autonomia limitata. Il programma Mazda utilizza il motore Wankel come Range Extender, sostanzialmente un generatore elettrico di bordo, facendo conto però sulle sue caratteristiche uniche di compattezza e silenziosità, enormemente maggiori di qualsiasi propulsore a cilindri e pistoni classici visto finora.
Tornare indietro a Felix Wankel, a questo punto è necessario per capire l’intuizione del genio, su cui Mazda ha lavorato per oltre sessant’anni, letteralmente a smussare gli spigoli. Il motore rotativo è nella sostanza un rotore di forma triangolare, con tre lati scavati. Ruota con un movimento eccentrico all’interno di una camera di combustione chiamata statore nel quale sono ricavate nello stesso lato le luci di aspirazione e scarico, mentre sull’altro è posizionata una candela di accensione. Il potere della geometria fa muovere il rotore su una pista ellittica in cui le tre camere di combustione che si creano vanno di volta in volta dilatandosi e comprimendosi.
In questa danza ci sono le classiche quattro fasi dei motori a quattro tempi. Anzi, le tre camere di scoppio separate concludono tre cicli di combustione ad ogni giro del rotore. La ragione di quella che sembra una complicazione sta nella rapidità di questo motore nel dare coppia e potenza. Molto più alta di un classico propulsore a cilindri e pistoni. Ma ora dobbiamo immaginare questa tecnologia sotto un altro punto di vista, quello di ingombri meccanici pari ad una frazione di quelli di un propulsore tradizionale. A titolo di esempio, il rotativo che equipaggiava la RX-8 denominato Renesis 13B-MSP era composto da due rotori da 654 cc ci cilindrata ciascuno , per un livello di potenza a partire dai 210 cv.
Cosa cambia ora? Immaginate un motore Wankel a rotore singolo di cilindrata più bassa, che non produce vibrazioni di nessun tipo come i suoi predecessori ma può essere contenuto in un vano nel cofano o nel bagagliaio, perché lungo meno di 40 cm. Usarlo come generatore, a regime costante, per produrre energia elettrica a bordo, rivoluziona le dinamiche di autonomia delle vetture a batteria. Mazda lancerà nel 2020 il suo primo veicolo elettrico nell’ambito del programma di sviluppo tecnologico a lungo termine “Sustainable Zoom-Zoom 2030“. Se infatti il primo sarà alimentato esclusivamente a batteria, l’altro affiancherà alle batterie un motore rotativo piccolo, leggero e straordinariamente silenzioso come Range Extender: ricaricherà la batteria quando necessario per aumentare l’autonomia e quindi il chilometraggio percorribile dal veicolo, eliminando “l’ansia da ricarica” e rassicurando la gran parte di coloro che utilizzano veicoli elettrici e temono di non avere autonomia a sufficienza per raggiungere la loro destinazione.
Tutto questo significa vetture ad emissioni estremamente ridotte capaci di grandi percorrenze, ma anche costi più bassi per l’automobilista, perché queste auto richiederanno batterie di minori dimensioni. In più, torna l’idea originale di Felix Wankel: è’ il caso di dire che il cerchio si chiude.
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