Maglia senza tappa. E’ l’operazione Mitchelton-Scott, squadra australiana, con un po’ di “base” italiana nel varesotto. Un classico uno-due, nel rispetto della tradizione, col nuovo leader, della classifica, l’inglese Simon Yates, che lascia la vittoria al compagno, il colombiano Chaves. I due arrivano assieme all’arrivo. Chi sia poi il vero capitano si vedrà più avanti. La vecchia maglia rosa Dennis perde poco più di un minuto, lotta, prova a resistere, orgoglioso, un vero duro. Poco brillanti Froome e Aru, ma attaccati al primo gruppo che arriva dietro ai due “Mitchelton”.
Esteban Chaves parte da lontano, si infila in una fuga di una trentina di corridori, con un altro colombiano di nome, lo “Sky” Sergio Henao, l’olandese Gesink e il nostro Ulissi. Attacco che parte a 115 km dal traguardo, dopo una ventina di km dal via di Caltanissetta, in una frazione breve (136.5 km), da vivere tutta nel finale con l’arrivo sull’Etna. Nel gruppo insegue soprattutto l’Astana, la squadra dell’ennesimo colombiano, Miguel Angel Lopez, che ha da farsi perdonare cadute, disattenzioni e ritardi in classifica generale. Appiccicati agli Astana gli uomini del Team Sky.
Dopo l’abitato di Paternò comincia la salita, 978 metri di dislivello in 15 km, pendenza media del 6.5 % con punte al 15 %, arrivo a quota 1736 metri. I fuggitivi si sfilacciano, scatta a ripetizione Ciccone, si fanno vedere Henao e Chaves, e l’allungo decisivo è proprio di quest’ultimo. Nel gruppo è sempre Colombia con Miguel Angel Lopez che attacca, senza però riuscire a fare la differenza. Assieme a lui bene Pozzovivo, il neozelandese Bennett, il francese Pinot e l’inglese Simon Yates. Dumoulin c’è, ma non è certo in grado di fare il “padrone” della corsa, a tratti fatica, Froome fa l’elastico, col suo abituale modo di correre, Aru non si vede mai nelle prime posizioni. Formolo che perde terreno a causa di una caduta è subito fuori gioco. L’australiano Dennis non è in questo gruppo senza essere però lontano, con testa, gambe e grinta, pur non essendo uno scalatore, cerca di gestire la resa della rosa.
Con un compagno di squadra davanti da solo nessuno si aspetta che Simon Yates possa partire da dietro, col rischio di trascinarsi avversari e di mangiargli il vantaggio. Invece, contro ogni previsione, lanciato dall’ennesimo tentativo di allungo di Lopez scatta proprio Simon Yates, gemello di Adam, assente al Giro, e con una gamba decisamente superiore si riporta su Chaves nell’ultimo chilometro di corsa. Parla col colombiano, sembra poter fare quello che vuole e lo…fa, lasciando la tappa a Chaves partito da lontano e subito pronto a collaborare, nel momento in cui viene raggiunto, per farlo vestire di rosa. Roba d’altri tempi? No, roba da ciclismo, anche contemporaneo, uno sport che ha valori autentici, al di là della persecuzione da doping vissuta negli ultimi anni.
Yates rosa, Dumoulin a 16 secondi, leader del “brain power”, dell’intelligenza nel saper gestire corsa e forze, poi Chaves a 26 secondi, con Pozzovivo a 43 e Pinot a 45. La vecchia maglia rosa di Rohan Dennis è a meno di un minuto, mentre la star della corsa, Chris Froome entra, non molto trionfalmente, nei primi dieci della generale, visto che adesso è ottavo a 1’10” da Yates. E Aru? È nella prima pagina della classifica, decimo con due secondi in più rispetto a Froome, ma non è certo da prima pagina. Il campione italiano deve fare di più, tutti si aspettano di più dal vincitore della Vuelta 2015. Il nostro numero uno è Pozzovivo, piccolo e potente, magari sgraziato però di sostanza. In fondo ci sono dieci nomi in 72 secondi e siamo solo alla prima settimana, anzi, alla prima salita.
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