ROMA – Mentre in tv scorrevano le immagini dell’assolo di Chris Froome sul Colle delle Finestre, la testa di Ivano Fanini, lo storico patron dell’Amore&Vita-Prodir, spesso inascoltato accusatore dei mali del ciclismo, si affollava di dubbi. Quella giornata non gli è piaciuta affatto, e ancor meno l’hanno convinto le scene di fine Giro, la premiazione di Froome, accompagnato sul podio da Alberto Contador, l’incarnazione di quel precedente (2011) che la maggiore corsa italiana vorrebbe evitare, una squalifica retroattiva, a risultato consolidatosi sulla strada.
Cosa non l’ha convinta Fanini?
“Ho visto delle scene brutte. Froome e Contador sullo stesso podio non sono una bella immagine da consegnare ai posteri di questo Giro. Non ho nulla di personale contro entrambi, ma il primo non avrebbe dovuto correre e, se non avesse avuto gli avvocati che ha Sky, ora parleremmo giustamente di un’altra storia. Il secondo ha sulle spalle quella bruttissima vicenda del 2011. No, era da evitare”.
Della vittoria di Froome cosa pensa?
“Il peggio possibile. Credo sia stato profondamente ingiusto dargli la possibilità di esserci, ma il ciclismo è business, e Froome porta denaro, non si poteva tenerlo fuori, una volta che aveva accettato l’invito. Il Tour sta provando a tenerlo fuori invece, perché il Tour tiene a se stesso e al suo nome, e questi vengono al di sopra di tutto, anche dei corridori, degli sponsor, della visibilità che un nome anziché un altro portano”.
Anche Hinault si è duramente scagliato contro Froome e ha parlato di “scandalo”.
“Ha fatto bene. Anche Lappartient, che stimo, pur presente a Roma, ha evitato di consegnare la coppa a Froome e si è “accontentato” di premiazioni minori. Penso che l’Uci, anche grazie al contributo del vicepresidente Renato Di Rocco, stia andando nella giusta direzione, ma è solo una parte del tutto. Il resto del gioco lo fanno gli organizzatori, che dispongono a piacimento”.
Nei giorni scorsi s’era parlato di giallo riguardo i dati di Froome sul Finestre, non rilasciati inizialmente da Velon. Ora è emerso un dato medio, 397 watt, sul suo attacco. Non le sembra strano anche questo ritardo?
“Un fatto molto grave anche questo, porta a pensare di tutto. Non è il ciclismo che mi piace questo. La trasparenza è ben altro. Intendiamoci: i controlli ci sono e funzionano. Ma alcune squadre sono avanti dieci anni rispetto ad altre, sotto questo punto di vista”.
Dalle sue storiche denunce sono trascorsi quasi vent’anni: cosa è cambiato?
“Non molto, eppure tutto poteva cambiare nel 1996, con quel blitz mancato dei Nas al Giro. Là avremmo raso al suolo il sistema e saremmo ripartiti. Invece la politica ha smussato gli angoli e si è andati avanti vivacchiando e sperando in bene. Non ho mai visto però un presidente dell’Uci così diretto e schietto come Lappartient. Ora si vada fino in fondo con Froome”.
Ma se davvero togliessero il Giro a Froome, cosa ne sarebbe della credibilità del ciclismo?
“Sarebbe una delle pagine più nere della sua storia. E mi fa rabbia pensare che si sarebbe potuto evitare tutto questo, si dovrebbe tutti remare nella direzione di un ciclismo pulito e al di sopra di ogni sospetto. Tutti”.
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