Lega A – Norris Cole si presenta ad Avellino: Fede e Anelli

Il colpo è stato sensazionale. Un bi-campione NBA vero, ancora nel pieno dei suoi anni. Alla Scandone Avellino è arrivato Norris Cole (29 anni, 1,88, college: Cleveland State). La cosa non lascia indifferente il Corriere dello Sport che manda la sua penna migliore, Andrea Barocci, a realizzare una intensa presentazione della point guard che, anche nel suo primo anno fuori dagli States, ha lasciato il segno riportando il Maccabi Tel Aviv alla vittoria nel campionato israeliano (e alla doppietta con la Coppa d’Israele).

“Uno dei miei brani preferiti delle Sacre Scritture è la lettera ai Filippesi 4,13: ‘Tutto posso in colui che mi dà la forza.” Mi piace perché, come dice la Bibbia, io posso realizzare qualsiasi cosa, purché Cristo rimanga sempre al primo posto nella mia vita”.  Cole aveva preso in mano un pallone da basket per la prima volta a tre anni, nella sua Dayton, in Ohio. La famiglia benestante, il padre Norris senior laureato in biochimica, la madre Diane anch’essa laureata, aveva incoraggiato il figlio nel corso degli anni a praticare lo sport. Ad una condizione però: prima la chiesa e la scuola, poi tutto il resto. Così quel piccoletto con pochi chili addosso aveva preso a frequentare la Webster Street Church of Christ: suonava la batteria, guidava il coro durante le cerimonie religiose, e intanto tirava a canestro. Ma correva anche dietro alla palla di football e quella di baseball. Ogni tanto si dilettava persino nel salto in lungo. Sin da subito i suoi genitori avevano messo in chiaro le cose con gli allenatori: in caso di allenamenti o partite la domenica o il mercoledì, Norris avrebbe potuto essere costretto ad andarsene in anticipo o addirittura non essere presente, perché doveva partecipare alle cerimonie religiose. Non era ammessa alcuna eccezione.

La fede di Cole cresceva di pari passo al suo talento cestistico e al suo profitto scolastico, rendendolo una star alla Dumbar High School, il liceo che condusse alla vittoria del titolo nel suo anno da junior e da senior. Ebbe addirittura l’onore di tenere il discorso di apertura alla cerimonia di consegna dei diplomi di maturità. Sembrava destinato a scegliere la via del football come quarter-back, visto che la Walsh University gli aveva offerto una borsa di studio. Invece virò verso il basket e la Cleveland State, dove in 140 gare tenne una media di 14,1 punti e 3,3 assist.

La NBA gli mise gli occhi addosso ovviamente: nel draft del 2011 venne scelto da Chicago, finendo però in un giro di scambi a Miami. Neppure lì, mentre vinceva due anelli consecutivi a fianco di LeBron James, dimenticò la strada che porta alla casa del Signore. Certo, i giornali scandalistici lo indicarono come fidanzato secreto di Porsha Williams, attrice e modella molto “chiacchierata”; qualcuno commentò in maniera ironica e poco opportuna il fatto che Cole avesse regalato dei biglietti per una partita degli Heat ad un suo amico gay; Antaun Teasley il suo chef personale, venne ucciso in una sparatoria in un night club nel giugno del 2014. Ma lui continuò a guardare al cielo, e ogni volta che gli era possibile entrava nella Miami Gardens Church of Christ. «Se perdo qualche sermone? La chiesa mi manda la registrazione in DVD».

«Nostro figlio forse non si rende conto di quanto sia di ispirazione per tanti ragazzi vederlo giocare nella NBA e pregare in chiesa», dicevano mamma e papà Cole. Divenne un solido play di riserva per Miami: 6,8 punti di media nel 2011-12, poi 5,6 e 6,4, venendo in seguito trasferito a New Orleans, dove le sue medie aumentarono addirittura (9,9 e nel 2015-16 10.6 punti). Un anno per farsi coprire d’oro in Cina, 13 partite ad Oklahoma e, nell’ultima stagione, al Maccabi Tel Aviv vincendo il campionato e la Coppa d’Israele. Stranamente non confermato, ora si presenta ad Avellino con due anelli NBA, la Bibbia e un concetto di etica sportiva da diffondere in Italia: «La disciplina è fondamentale. Tutti possono combinare qualcosa di buono una o due volte. Il vero segreto è lavorare duro ogni giorno, stanco o no, sia che tu abbia appena segnato quaranta punti oppure solo due».

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