Italia – Per Alessandro Gentile il ritorno in maglia azzurra

A volte ritorna. E lo fa con la voglia di chi vuole mettersi l’ennesimo momento complicato alle spalle per ricominciare. Di nuovo convocato con la Nazionale da coach Sacchetti, a poco più di un anno dall’ultima apparizione, Alessandro Gentile, in attesa della sfida di domani con la Lituania, guarda avanti. Sia sincero, le mancava l’azzurro? «Se dicessi di no sarei un gran bugiardo. Io alla Nazionale tengo tantissimo e l’attenzione di Meo nei miei confronti è un grande stimolo. Con l’Italbasket è una storia d’amore che non si è mai sopita e l’emozione è la stessa di ogni volta: dalla prima con le giovanili a oggi». L’infortunio alla mano che l’ha portata sotto i ferri è stato un bel problema. «Può capitare. Una volta una caviglia, ora la frattura alla mano. Sono incidenti da mettere in preventivo. È meglio che non accadano ma piangersi addosso non serve. Ora sto bene e sono tranquillo e ho voglia di giocare». Gli incroci tra le partite della Fiba e quelle dell’Eurolega costringono a ridisegnare le squadre. Può essere un problema? «Se si fosse trovato un compromesso che non costringesse club e nazionali a scelte drastiche, sarebbe stato meglio. Le finestre per le qualificazioni al Mondiale hanno cambiato le carte in tavola mettendo gli allenatori in difficoltà ma creando grande occasioni per chi avrebbe trovato meno spazio se tutto fossero stati a disposizione. Noi siamo un gruppo eterogeneo, abbiamo giocato poco insieme ma ci consociamo benissimo. Vogliamo battere la Lituania e centrare quanto prima la qualificazione». Pensa di poter essere un leader in questa situazione? «Conosco me stesso e so quello che posso dare, ma rientro in punta di piedi. Ho messo alle spalle sei mesi di inattività ed ora cerco di trovare la condizione migliore. Ho 26 anni ma anche tanta esperienza e la metto al servizio della Nazionale». L’Ale Gentile delle alzate di testa dove lo ha nascosto? «Si cresce e si matura facendo tesoro delle proprie esperienze, positive e negative. Non ho più addosso il peso di sentirmi un predestinato. Sono me stesso con tante stagioni di pallacanestro che mi aspettano e che vorrei giocare ad alto livello». Magari nella Nba. «Si è parlato, anche in maniera sbagliata di quello che poteva essere con Houston e non è stato. Alla Summer League non sono potuto andare per l’operazione alla mano. Quindi è arrivato l’invito al training camp ma il contratto che mi avevano offerto non andava bene e così siamo arrivati al taglio che mi ha liberato dai loro diritti. C’erano altre squadre interessate ma nella condizioni che si erano create si sono allontanate. Ora, se capiterà, avrò modo di trattare». Intanto ha lasciato l’Italia per la Spagna. «All’Estudiantes ho trovato un ambiente sano, dove rigenerarmi e ripartire. Alle spalle c’è una struttura societaria organizzata e seria che mi sta dando la possibilità di rimettermi in gioco. I risultati per ora non sono buoni ma cresciamo anche se il gruppo è molto giovane. Qualche giorno fa mi sono accorto di essere uno dei più vecchi. Solo due dei miei compagni sono più anziani. Il tempo passa anche per me». Uno sguarda alla Serie A le capita di buttarlo? «No. Sono veramente sincero. Sono concentrato sull’Estudiantes. Mi aggiorna mio fratello Stefano che sento spesso. Io vorrei sapere solo di lui ma inevitabilmente ogni tanto i discorso si allarga». Magari chiederà qualcosa al coach di Cremona… «Meo quando è qui si veste solo da coach della Nazionale e sa farlo nel migliore modo possibile. Mi piace il suo modo di vedere il basket e anche di approcciare i giocatori. Lui lo è stato e di altissimo livello e sa capirci sotto ogni sfaccettatura. È bello giocare per lui, specie se vesti l’azzurro».

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